........ e poi ogni tanto beviamolo del vino 'non italiano' quando ne abbiamo la possibilità. Certo noi lo facciamo meglio, noi siamo (tra) i migliori, ma un po' di sana curiosità di capire cosa e come si beve in altri paesi è assolutamente d'obbligo per un vero appassionato di vino.
Intanto parlando di Sudafrica abbiamo la possibilità di degustare dei tagli bordolesi di ottima fattura, poi dei vitigni francesi che in Italia sono poco conosciuti (Chenin Blanc e Colombard) e infine alcuni (a dire la verità pochi) autoctoni tra cui spicca il Pinotage.
Posso dire che il Sudafrica enologico mi ha sempre appassionato, con quel suo clima mediterraneo e le sue zone vitivinicole dai nomi impronunciabili ma che guarda caso sono usciti come domanda scritta al mio esame per sommelier.
Ancora prima di iniziare i corsi Ais avevo frequentato un corso amatoriale sul vino tenuto da Lorenzo Colombo, giornalista da sempre esperto di vino e tenutario di Vinealia, che aveva integrato il corso base con tre serate dedicate al Sudafrica che mi avevano appassionato e probabilmente convinto definitivamente sulla necessità di approfondire la mia passione per il vino.
Ora senza voler annoiare nessuno potremmo velocemente ripercorrere la storia enologica di questo paese, che passa necessariamente dai primi innesti di barbatelle effettuato dagli olandesi nella prima metà del '600, poi le conoscenze dei francesi che migliorarono le tecniche produttive, l'apartheid che costrinse di fatto i viticoltori sudafricani alla autarchia, con la conseguente concentrazione nella produzione di vino sfuso di bassa qualità e la sua abolizione nel 1991 che permise la riapertura del vino sudafricano ai mercati esteri e quindi il deciso innalzamento della qualità media.
Il clima e i terreni variano notevolmente da zona a zona. Ci possiamo quindi limitare a citare le zone più importanti come Costantia che gode di un clima di tipo mediterraneo e dove vengono prodotti ottimi Chardonnay e Sauvignon.
Paarl è un distretto a 50 km da Citta' del Capo, clima mediterraneo dove vengono coltivati con discreto successo vitigni come Chenin blanc e Sauvignon.
Stellenbosch è invece il disretto più esteso e importante per il Sudafrica, con terreni a ovest ricchi di gres, perfetti per la coltivazione delle uve a bacca bianca e terreni di origine granitica a est, ottimali per i vitigni a bacca nera. È in questa zona che vengono prodotti i migliori Syrah, Merlot e Caberner Sauvignon del paese.
E dopo questa rapida ma doverosa escursione per la terra sudafricana e sperando di non avervi nel frattempo perso, parliamo della degustazione di cinque vini, due bianchi per iniziare, poi tre rossi di diversa fattura e composizione che hanno fatto il loro ingresso nella bella cornice del ristorante Capovolto di Misinto, un luogo intimo, raccolto e di un fascino fuori dal tempo e dalle mode, in una serata organizzata dall'Associazione italiana Sommelier di Monza e Brianza, che ha ottenuto un notevole successo di pubblico.
CHENIN BLANC (2014) - NABYGELEGEN
Ebbene si, l'annata 2014 non è un errore come si può desumere dalla foto e visto che in Sufrafrica hanno le stagioni invertite rispetto alle nostre e si vendemmia tra febbraio e aprile-maggio.
Uno Chenin Blanc dai profumi agrumati e fiori di campo, intensi e riconoscibili, fanno da premessa ad un sorso fresco, sapido ed appagante. L'acidità di questo vino si sposa perfettamente con salumi e pesci di media grassezza come il salmone, oltre all'utilizzo come semplice aperitivo soprattutto se servito ben fresco.
CHARDONNAY (2013) - LINTON PARK
Bel colore giallo paglierino vivo, ha profumi intensi; si percepisce netta una nota di vaniglia, poi lascia spazio a note vegetali ma un po' nascoste.
In bocca si esprime più in potenza che in eleganza, alcol più che equilibrio insomma e ancora legno, un po' troppo per i miei personalissimi gusti.
PINOTAGE (2013) - DIEMERSDAL
Questo Pinotage mi ha veramente sorpreso. Incrocio dell'elegante Pinot nero e del rude Cinsault, ha profumi freschi e piacevolmente fruttati di mora, ciliegia, prugna, poi vira su alcune note balsamiche.
Il sorso è sorprendente per succosità del frutto, equilibrio, finezza espressiva, nerbo e struttura.
Semplice ma complesso allo tempo stesso.
SHIRAZ (2010) - LINTON PARK
Stessa azienda dello Chardonnay e stesso risultato su un vino completamente diverso. Perchè se è vero che al naso si esprime in modo abbastanza tipico al vitigno (cacao e pepe, viola), il legno tende ad essere un po' troppo invadente, cosa che ovviamente si concretizza in bocca; evidentemente l'azienda vende molto sui mercati americani dove certe note tostate e vanigliate sono particolarmente apprezzate.
I tannini sono ben amalgamati ma rimane sul palato una nota polverosa.
IDIOM (2007) - BOTTEGA FAMILY
Questo taglio bordolese lo avevo già assaggiato in un altra occasione. E' un vino sicuramente muscoloso e complesso sia al naso che al sorso, ma la sapiente composizione del taglio bordolese e l'uso oculato del legno piccolo lo rendono godibile con piatti come brasato.
Ha un interessante bouquet di frutta nera cotta e ciliegia sotto spirito, pepe nero e peperone.
I tannini sono fini, levigati anche se ben presenti; finale molto lungo su cui persiste una piacevole nota terrosa.
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