Verdicchio Superiore di Bucci |
Se il Verdicchio è passato da essere considerato un vino di scarsa qualità da rifilare a qualche sprovveduto turista a uno dei migliori bianchi italiani (secondo alcuni tra i primi tre), in buona parte lo dobbiamo ad Ampelio Bucci, che a metà degli anni '70 ha incominciato a piantare questo vitigno autoctono, vendendolo prima all'ingrosso e poi, grazie alla consulenza enologica di Giorgio Grai, a imbottigliare un Verdicchio che negli anni è riuscito a imporsi come vino di qualità, anche con il prezioso aiuto delle guide specializzate di settore, come ad esempio il Gambero Rosso che nel 2001 lo hanno decretato il miglior bianco italiano.
Nell'azienda si produce anche grano e altre colture in rotazione che gli hanno consentito di ottenere la certificazione biologica in tempi non sospetti, quasi più una necessità e un credo rispetto ad una moda o tendenza.
Fondamentale per l'azienda è stata la decisione di puntare decisamente sulla viticoltura a partire dalla metà degli anni 70, con la motivazione che mentre il prezzo di frutta e ortaggi erano decisi dalle catene distributive o dalla borsa di Chicago, l'uva da vino subisce una notevole trasformazione in cantina e quindi il prodotto che ne deriva ha un elevato valore aggiunto, una sua specifica individualità che gli consente una differenziazione che si può riflettere sul fattore prezzo.
Il Verdicchio si è adattato perfettamente ai terreni poveri di queste parti; siamo a Ostra Vetere, nella valle del fiume Misia che sfocia nel mar Adriatico all'altezza di Senigallia, su terreni inizialmente calcarei in grado di donare salinità e spessore ai bianchi, poi in profondità argillosi in grado di trattenere l'acqua.
In cantina svettano le botte grandi e piuttosto vecchie, per evitare il rilascio nel vino di sostanze non richieste e al contempo favorire quella ossigenazione che solo il legno con i suoi micro pori è in grado di garantire.
Il Verdicchio Classico Superiore di Bucci lo si riconosce come fosse un marchio di fabbrica con il suo bouquet ricco e complesso partendo da accenni citrici e una interessante mineralità, mentre al sorso è fresco, solare, di eleganza mediterranea, con un pizzico di erba fresca appena tagliata.
Possiamo senza dubbio considerarlo un buonissimo prodotto (e non c'era bisogno che lo dicessi io) soprattutto considerando che questo Classico Superiore ha un prezzo accessibile al grande pubblico, che in questo modo può permettersi di bere bene senza spendere cifre che talvolta risultano esagerate e che difficilmente rispecchiano il reale valore pur sempre soggettivo del vino.
La sfida di questa azienda, peraltro ampiamente vinta, è stata quella di saper coniugare numeri importanti con un elevato standard qualitativo e di riuscire a diventare interpreti di un territorio che si è concretizzato nell'uso di un vitigno autoctono come il Verdicchio; successivamente (o se si preferisce in taluni casi parallelamente) altri bravi produttori hanno saputo credere e dare lustro a questa terra e alla sua gente cordiale e operosa.
Ps
Molte delle informazioni riportate in questo post sono tratte dal libro 'Andar per Cantine' di Mauro Fermariello, fondatore di Winestories.it
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