Sedara di Donnafugata |
Partiamo dall'inizio, quindi dal nome che evoca un famoso personaggio del Gattopardo, quel Don Calogero Sedara sindaco del paese e padre di Angelica che si sposerà con il nobile Tancredi, in un matrimonio d'amore ma anche d'interesse tra borghesia e nobiltà.
Poi l'etichetta e se è vero che l'abito non fa il monaco, una bella etichetta risulta sempre apprezzata. Nel Sedara l'etichetta rappresenta la cantina di contessa Entellina, dove il vino ebbe le sue origini. Belli i colori che rappresentano in maniera semplice uno scorcio di Sicilia.
Ma veniamo ora a quello che ci interessa maggiormente, ovvero il contenuto rappresentato in massima parte dal Nero d'Avola, con la contaminazione di altre uve a bacca rossa.
L'affinamento in acciaio, precede la malolattica e l'evoluzione in vasche di cemento per circa 9 mesi, poi ulteriori 3 mesi in bottiglia prima della commercializzazione.
Il colore è rubino con riflessi granati, di buona consistenza. Il tabacco si distingue nettamente dagli altri profumi, poi si apre verso le spezie e per finire vira deciso sulla frutta rossa.
In bocca prevalgono le note di ciliegia e mora, con tannini levigati dal contatto con il legno; il finale discretamente lungo lascia una buona pulizia di bocca.
Si abbina sorprendentemente bene con il pesce spada alla griglia.
Anche a voler essere pignoli è davvero difficile trovare un difetto a questo Sedara di Donnafugata, niente sembra essere lasciato al caso mentre tutto è studiato nei minimi dettagli; piuttosto sembra avere l'ambizione di rappresentare adeguatamente la Sicilia, con i suoi colori, i suoi profumi e la sua gente.
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