E' un po' di tempo che non scrivo di passiti, non perchè non ne abbia bevuti, ma semplicemente perchè ultimamente nessuno mi aveva particolarmente impressionato.
Mi ritrovo invece in questo penultimo post dell'anno a parlare di un passito che fa del rapporto qualità-prezzo il suo punto di forza.
Come sottolineato dagli amici di vinialsupermercato.it, il Dindarello di Maculan viene talvolta proposto, soprattutto nella grande distribuzione a dei prezzi che hanno dell'incredibile.
Alcuni blogger e giornalisti del vino ci ricamerebbero sopra per mesi, con tanto di sdegnate risposte e contro risposte a margine del post, tutte finalizzate più a fare traffico al sito e quindi a legittimarne l'esistenza, piuttosto che a volersi accreditare come dei veri paladini delle cause perse.
Personalmente mi metto come sempre dalla parte del consumatore, che semplicemente non può non portarsi a casa una bottiglia di Dindarello se la trova sotto i 12 euro e le ragioni si sprecano.
Innanzitutto è un vino dal colore quasi ipnotico. Anche attingendo ai polverosi e ormai sorpassati aggettivi Ais, non ci sono paragoni per descrivere un colore che unisce il giallo citrino tendente all'aranciato al giallo grano luminoso.
Al naso è una vera goduria, un tripudio di sensazioni olfattive che spingono l'acceleratore verso la naturale aromaticità del moscato che si intersecano con naturali e ben definite note di agrumi, di frutta a polpa gialla, miele di castagno, e poi ancora salvia e mentuccia più defilati.
In bocca si percepisce la sua superiore qualità rispetto a tanti altri prodotti della grande distribuzione
per l'equilibrio gustativo che rende ogni sorso pieno, suadente ma mai stucchevole grazie ad una primaria mineralità che si riscontra in un retrogusto di pietra focaia su cui ritornano gli agrumi riscontrati nell'analisi olfattiva.
Finale di media lunghezza e abbinamento più che sufficiente con la pasticceria secca in generale.
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