Volevo approcciare un post su un recente assaggio di vini di
Radikon, Damijan Podsevic e Gravner, con una breve introduzione relativa a
questo Brut nature assaggiato come starter pre-cena, ma dopo aver cercato
informazioni sul produttore e ricordandomi le belle sensazioni provate in fase
di assaggio, ho deciso che meritava un post dedicato.
Nella serata tutta dedicata alla Ribolla gialla coltivata in
quell’estremo lembo d’Italia chiamato Collio, abbiamo deciso di stappare una
Ribolla spumantizzata che viene prodotta con una singola fermentazione naturale
invece delle solite due utilizzate per il metodo Charmat e il metodo Classico.
Ma partiamo dall’inizio e quindi dal produttore.
Ferdinando Zanusso è un produttore vitivinicolo in quel di
Rosazzo, nei Colli orientali del Friuli. La particolarità di questa terra,
terroir se vogliamo tirarcela come i francesi, è il Flysch, ovvero strati di marne
e arenarie di origine eocenica.
Il resto lo fanno il microclima di queste colline che si
affacciano su Trieste e che quindi vengono investite dai freddi vendi di bora invernali
e influenzate dalla vicinanza del mare Adriatico.
Fin dall’inizio l’approccio del produttore è stato quello
della sperimentazione al fine di trovare la strada più giusta, quella che
sentiva come una scelta strettamente personale e che avrebbe portato successivamente
ad una naturale distinzione sul mercato.
Il vino della svolta è il Ribolla gialla, un vitigno
d’avanguardia considerato dal produttore il futuro per la zona del Collio, un
vino che sa presentarsi nella veste di vino di tutti i giorni oppure se
abilmente valorizzato sa esprimere un percorso di finezza arrivando a vette
inaspettate.
I vini di Zanusso non subiscono chiarifiche, si usa solo
mosto fiore, il succo di uva che si ottiene dalla prima spremitura soffice
dell’acino e che è la parte più raffinata dell’acino; in realtà Zanusso usa la
tecnica di spremere direttamente tutto il grappolo con i suoi raspi, con una
spremitura dell’acino che si ferma al 60% del suo potenziale totale, per non
andare a spremere anche la parte aromaticamente più rustica e fonte di
instabilità in fase di lavorazione del vino.
Il punto chiave rimane comunque evitare l’eccessiva
estrazione per puntare sulla leggerezza e un concetto di levità che viene
ottenuto anche grazie ad una maturazione lunghissima sulle fecce fini trattate
in legno e all’utilizzo dei lieviti indigeni.
Si ottiene così, nel caso specifico della Ribolla Gialla in
versione spumantizzata, un vino che ha come tratto distintivo una leggerezza non
priva di una chiara impronta di freschezza complessiva.
Tecnicamente la spumantizzazione di questo vino è curiosa e
differisce dai processi tradizionali per il fatto che, al posto del ‘vino base’
che normalmente viene fatto rifermentare tramite inoculo di lieviti e zucchero
e che induce una fermentazione secondaria al fine di produrre anidride
carbonica, in questo caso il vino base è mosto e non un già un vino.
Le bollicine che si ottengono sono quelle naturali delle
fasi finali della prima fermentazione che si svolgono in ambiente chiuso, in
modo da permetterne l’incorporazione nel vino.
Secondo il produttore questa tecnica produttiva è più
naturale e ha il pregio di mantenere gli aromi primari caratteristici del
Ribolla, che si giocano su sentori minerali e delicatezza.
Non ho un palato così raffinato per dirvi se questa
affermazione corrisponda a verità, ma di certo non sapendo come era stato
prodotto questo vino (l’ho scoperto solo successivamente quando ho dovuto
informarmi per scrivere il post), istintivamente avevo pensato che aveva delle
doti del tutto particolari come spumante, a partire da bollicine meno
insistenti ma anche meno invasive, profumi tipicamente varietali del Ribolla e
una delicatezza sul palato che lo rendono, a mio parere, unico.
Se siete winelover che amano sperimentare nuovi assaggi,
questo vino è da provare.
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