Dal punto di vista vitivinicolo la Valle d’Aosta mi ha
sempre incuriosito.
La cultura della vite era già praticata nei popoli
preromanici e in particolare dai Salassi, popolo di origine celtica che abitava
la vallata centrale più abitabile da un punto di vista climatico rispetto a
tutto il resto del territorio valdostano che presenta cime spesso inarrivabili.
Con l’arrivo dei Romani la vite ebbe una grande espansione, mentre nel Medioevo ci furono numerosi alti e bassi con le pestilenze e
carestie ma anche con lo sviluppo di numerosi vitigni autoctoni, alcuni
scomparsi e altri ancora coltivati.
La viticoltura in Valle d’Aosta segue il naturale corso
della Dora Baltea, si inerpica su terreni calcareo-sabbiosi ed è influenzata da
escursioni termiche spesso importanti e da una generale e sostenuta ventilazione.
I vigneti sono in massima parte terrazzati, ricavati dai
primi contrafforti delle montagne (qui non si può parlare di colline)
Alcune vigne poste ad altitudini molto elevate poggiano su
piede franco, in quanto non attaccate dalla fillossera, il fastidioso ragno che
entra nelle radici provocando la morte della pianta.
In anni più recenti è risultato fondamentale la fondazione
dell’Institut Agricole Regional, che ha posto le basi per un fondamentale ampliamento
e un miglioramento qualitativo dei vitigni autoctoni.
Tra questi il Petit rouge è un vitigno a bacca
rossa, di cui Anselmet produce una versione di assoluto interesse.
Giorgio Anselmet è un piccolo produttore con una produzione
di circa 70.000 bottiglie annue.
Si trova a Villeneuve, a sud-ovest di Aosta e propone
diversi prodotti con tirature spesso piccole e basate su vitigni autoctoni
della zona.
Il suo Anselmet Torrette superiore utilizza un 80% di petit
rouge oltre ad altri vitigni autoctoni come Fumin, Cornalin e Mayolet.
Viene affinato in barrique senza snaturarne l’innata grinta
e agilità di beva, ma semmai aggiungendo una struttura e un corpo che ne
permettono un consumo con piatti più strutturati.
Al naso si susseguono nuance vegetali e di fiori che
ricordano la viola, mentre si approcciano con delicatezza le note di scatola di
tabacco e cacao.
Interessante anche la bocca che si dimostra vellutata nei
tannini, equilibrata nel complesso, fresca e sapida come si conviene ai vini
valdostani.
Da provare e godere senza svenarsi con il portafoglio.
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