Ultimamente si susseguono per
me le degustazioni di produttori altoatesini di alta qualità che non conoscevo nemmeno
per sentito dire.
Ammetto la mia ignoranza e
faccio ammenda, ma devo dire che è anche bello scoprire ogni tanto nuovi
produttori di qualità che riescono a dare ai loro vini un tocco di personalità
quasi umana, in un mondo dove si sta facendo sempre più strada (nel bene e nel
male) l’intelligenza artificiale e il contributo dei robot.
In questo caso si tratta di
un antico maso di oltre 800 anni, di proprietà della famiglia Pliger (o dei suoi
ascendenti) da più di 200 anni, a pochi chilometri da Bressanone, quindi nella
bellissima Valle Isarco.
Fino al 1989 le uve venivano
interamente conferite alla mitica Abbazia di Novacella, ma dal 1990 le uve dei
circa 6 ha di vigneto vengono vinificate e vendute in proprio.
La decisione è stata presa
grazie al riconoscimento da parte della famiglia dell’elevato livello
qualitativo delle uve prodotte su questi terreni composti da sabbie argillose e
rocce scistose, con vigneti che si estendono tra i 550 e i 700 mslm, formati da
terrazzamenti contenuti da pietre a secco.
Le etichette prodotte sono
quattro, tutte di vitigni bianchi, Sylvaner, Riesling, Gewurztraminer e
Veltliner, condotti secondo criteri rigidi come l’utilizzo di lieviti indigeni,
l’assenza nell’utilizzo di prodotti chimici di sintesi, fermentazione in legno e
apporto sensibilmente contenuto di anidride solforosa.
In rete i vini di Kuenhof
passano per essere vini curati, longevi e dalla buona personalità.
Il Veltliner assaggiato sul
terrazzo di casa dell’amico Chef Fabrice, in una calda serata di tarda
primavera dal sapore tipicamente vacanziero, si è subito dimostrato grintoso e
piacevole, di buona progressione e sviluppo verticale.
La maturazione in botti di
acacia gli dona un particolare bouquet affumicato, perfettamente integrato con
le note di frutta esotica, salvia, fiori gialli e sambuco.
Bocca agile e succosa,
avvolgente ed equilibrata, dove spicca una progressione minerale e sapida
amalgamata nella nota acida e glicerica.
Finale lungo e piacevole.
Coraggiosa la decisione di
usare il tappo a vite (Stelvin), che ancora troppi pochi produttori utilizzano
e pochi consumatori apprezzano, ma che a mio avviso si dimostra utilissimo per
conservare al meglio questa tipologia di vini.
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