Dopo il mio assaggio di Opalia, la Tintilia di Campi Valerio, mi era rimasta la voglia di assaggiare ancora questo autoctono molisano e di rivivere le positive esperienze riscontrate nel bicchiere.
Tuttavia non sono molte le enoteche di Milano e dintorni che tengono sullo scaffale qualche bottiglia della poco famosa Tintilia, non parliamo poi di Gdo o ristoranti.
E' più facile invece ritrovarla in rete, magari di qualche produttore di medie-grandi dimensioni che oltre alla produzione di Montepulciano, Sangiovese e Trebbiano tipici del molisano e dell'Abruzzo, si sono cimentati nell'avventura della Tintilia.
Ed è così che a dicembre mi sono fatto il mio personalissimo regalo di Natale, acquistando su Internet, tra le altre, una bottiglia di Tintilia di Majo Norante, conosciuto produttore molisano di cui avevo da poco degustato una semplice e godevole Falanghina.
Vitigno autoctono molisano per eccellenza, ha origini incerte, ma quasi certamente è arrivato dalla Spagna durante la dominazione borbonica nella seconda metà dell'ottocento.
Vi tralascio invece i dettagli del tutto fantasiosi dell'origine della sua introduzione in Italia più vicini alla favola che alla realtà.
Come molti altri vitigni autoctoni italiani ha rischiato l'estinzione in un periodo che va dagli anni '60 ai primi anni '90, a favore di viti più produttive e più adattabili alla coltivazione in pianura.
La tenacia e la lungimiranza tipicamente contadina di alcuni piccoli produttori che hanno continuato a coltivare la Tintilia contrastandone la scomparsa, è stata premiata negli ultimi 20 anni, quando si è assistito ad una fase di moderata espansione di questo vitigno esigente e di carattere.
La Tintilia Riserva di Majo Norante nasce da viti di età media di 22 anni su 5 ettari complessivi con impianti a spalliera e su una altitudine di 350-400 mt.
Dopo una lunga macerazione sulle bucce di circa 30 giorni viene affinata parte in legno e parte in vasche di acciaio e per 6 mesi in bottiglia.
In questa bottiglia ho riscontrato tutti gli elementi che contraddistinguono il vitigno, partendo dal colore rosso rubino intenso.
Si esprime su buoni livelli di intensità e complessità olfattiva con una prevalenza di prugna, amarena, cuoio e liquirizia.
Al sorso si percepisce la buona struttura e una concreta morbidezza concessa da un alcol generoso ma non soverchiante, tannini setosi, freschezza e complessiva finezza stilistica.
Nel complesso un vino succoso, opulento, ricco di spunti olfattivi e gustativi, che vuole l'abbinamento con carni rosse e formaggi stagionati, ma anche bolliti con salse e primi piatti con sugo di selvaggina.
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