Anthilia di Donnafugata |
La viticoltura siciliana ha fatto passi da gigante negli ultimi decenni; sono infatti lontani i tempi in cui le aziende del nord Italia acquistavano uva dai produttori del sud per tagliare i loro vini poveri di zuccheri, mentre sono passati (o stanno passando) i tempi in cui i viticoltori siciliani facevano vini concentrati, pesanti, vanigliati per seguire le mode d'oltreoceano.
Accanto all'uso di vitigni tipicamente internazionali come cabernet e syrah, e dei pochi vitigni autoctoni siciliani conosciuti come il Nero dAvola e il Nerello Mascalese, in molti hanno ripreso a credere in uve poco conosciute. Ne è un esempio un illuminato produttore siciliano come Marilena Barbera, che si sta impegnando nel portare a conoscenza del grande pubblico le potenzialità di vitigni autocnoni siciliani meno noti con un progetto di microblogging educativo (tag: #sicilianwine).
Ho provato l'Anthilia di Donnafugata, preso comodamente in gdo ad un prezzo onestissimo.
L'uva utilizzata è prevalentemente Catarratto, senza però che venga specificata dall'azienda la percentuale di altre uve e nemmeno di quale tipo (probabilmente Inzolia o Chardonnay).
Giallo paglierino, ha un bouquet interessante di frutta gialla, pesche, ananas, fiori d'arancio e vegetale, soprattutto un'interessante nota di asparago.
È mediamente sapido e fresco, di buona rotondità anche se a dire la verità non si distingue da molti altri vini attualmente in commercio.
Ne complesso buonissimo l'impatto olfattivo, piuttosto ruffiano in bocca, può essere considerato un buon vino di partenza per conoscere una realtà aziendale piuttosto recente che ha contribuito notevolmente a migliorare e far conoscere le potenzialità vitivinicole di questa splendida isola.
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