Amarone di Bertani (1993) |
Sabato sera a cena dall'amico Domenico, abbiamo degustato, ma diciamo pure bevuto e goduto, un vino italiano che ha sua storia enologica tutta particolare.
L'Amarone, rispetto ad altri vini, ha infatti una storia piuttosto recente che in molti conoscono ma che vale la pena di raccontare. Nel 1936 viene ritrovato un fusto di Recioto dimenticato in cantina che, a seguito del prolungato invecchiamento, aveva continuato a fermentare ed era diventato secco, quindi in contrapposizione all'amabile Recioto era proprio Amarone.
Da quel fortuito ritrovamento alla produzione su larga scala dell'Amarone passarono ancora diversi anni, che culminano con il 1968, anno dell'attribuzione della Doc.
Questo vino ancora oggi ha un disciplinare di produzione del tutto particolare se non unico. I grappoli raccolti e selezionati a mano tramite attenta selezione, vengono posizionati su areali con o senza ventilazione forzata per evitare muffe e per favorire l'evaporazione dell'acqua, per un periodo di circa 120 giorni; segue una lunga fermentazione fino a 50 giorni e un affinamento minimo di 2 anni in botti generalmente di grandi dimensioni (ma in alcuni casi può arrivare anche a 6 anni più uno di affinamento in bottiglia come nel caso dell'Amarone di Bertani).
Tutto ciò contribuisce a fare dell'Amarone un vino ricercato e molto venduto soprattutto all'estero, la cui produzione rimane ancora oggi tutto sommato limitata nonostante il notevole successo internazionale.
L'Amarone di Bertani del 1993 è stato stappato nel pomeriggio e lasciato riposare a temperatura ambiente. Alla prova di assaggio pre-cena si è rivelato in perfetto stato di conservazione.
Versato bel bicchiere, si presenta con una veste rosso rubino con riflessi aranciati, di una bella tonalità viva, sinonimo di buono stato di salute.
Al naso è una esplosione di intensità e complessità, con in primo piano la prugna cotta, la ciliegia di vignola, l'amarena sotto spirito, una piacevole scia di liquirizia e vaniglia appena pronunciata e infine cioccolato e cuoio.
In bocca ha un impatto di elegante potenza, con tannini setosi e levigati dal tempo; di perfetto equilibrio, sorprende l'acidità ancora intatta tanto da far pensare ad una annata molto più recente. E' un vino robusto, di qualità eccellente, armonico, tra il pronto e maturo ma ancora molto molto lontano dalla vecchiaia.
Per finire nell'abbinamento con il cinghiale il vino sembrava voler primeggiare con la sua infinita Pai, tanto che scrivendo queste righe mi sembra ancora di sentirlo in bocca.
Chapeaux.
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