Nel 2000 Riccardo Tiberio, export manager di un grosso gruppo abruzzese del vino, trova sulle colline di Cugnoli, a 23 km da Pescara, vigne vecchie di 60 anni di Trebbiano.
Intuisce subito le potenzialità di quella vigna e decide coraggiosamente di buttarsi nell'impresa di acquistare quella vigna e iniziare a produrre vino.
Nel 2008 è la volta dei figli Cristiana ed Antonio che si dividono il lavoro tra vigna e cantina.
La cosa che sorprende è l'immediato successo che i vini di Tiberio suscitano tra gli addetti ai lavori. Riconoscimenti che arrivano pure da oltreoceano e che ne stanno decretando il successo anche da un punti di vista commerciale.
A mio avviso le ragioni sono molteplici, partendo dalla scelta di prediligere la selezione massale rispetto a quella clonale.
Per chi non lo sapesse la selezione massale prevede la riproduzione di un intero vigneto con lo scopo di mantenere la massima variabilità genetica all'interno della stessa varietà di vite.
Il risultato è quello di avere piante con diverse caratteristiche fisiologiche e produttive ad esempio la resistenza allo stress idrico o ad alcune specifiche malattie.
Al contrario la selezione clonale comporta la costituzione di un vigneto partendo da una o poche viti selezionate e geneticamente uguali. In questo caso le piante presentano lo stesso genotipo e dunque le stesse caratteristiche fisiologiche e produttive.
Questo significa che almeno teoricamente si dovrebbero ottenere risultati migliori ma a costi sicuramente più alti e probabilmente a danno di varietà minori che andrebbero a scomparire dai vigneti senza l'incessante lavoro di monitoraggio delle viti da parte dei vignaioli oltre al recupero di vigne vecchie come nel caso di Tiberio.
Di sicuro il fatto che le vigne di Tiberio abbiamo un'età media molto alta, intorno ai 55 anni, le rende naturalmente molto selettive nella produzione di uva e nella sua concentrazione in pochi ma preziosi grappoli.
Se a questi elementi si aggiunge una resa per ettaro bassissima, intorno ai 50 q/h si può cominciare a capire come le scelte prese in vigna influiscano positivamente anche nel prodotto finale.
L'uva una volta arrivata in cantina viene diraspata, fa una macerazione sulle bucce per circa 6 giorni e diventa mosto per decadimento naturale.
Le sensazioni olfattive che si presentano nel bicchiere riflettono eleganza e sostanza, con un bouquet raffinato dove prevalgono la mela verde, l'anice e la pietra bagnata, mentre il palato ha un attacco fresco e sapido, con un finale leggermente mandorlato.
Da provare su un abbinamento solo in apparenza inappropriato come le sarde pastellate e fritte su un letto di polenta di storo di Chef Fabrice.
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