Cannonau riserva di Sella e Mosca |
Ora che sto per stappare una bottiglia di Cannonau mi torna in mente un articolo sulla Repubblica.it che parlava della scoperta in Sardegna del vitigno più antico dell'Europa occidentale.
Nel sito nuragico di Sa Osa, nell'oristanese, sono stati ritrovati semi di Malvasia e Vernaccia risalenti al 1300 - 1100 a. C. che scardinano decisamente le teorie attuali secondo cui la vite in Sardegna è stata portata dai Fenici e poi dai Romani in epoca più recente.
Questo ritrovamento fa pensare piuttosto che la civiltà nuragica sia riuscita ad addomesticare la vite selvatica del posto oppure che abbia avuto contatti con altre civiltà dell'epoca come quella cretese o di Cipro, che conoscevano già la vite.
Del resto lo stesso Cannonau pare avere origini molto antiche e mentre in precedenza si riteneva essere un clone della Grenache spagnola portato sull'isola nel corso del medio evo, le ultime ricerche confermerebbero che Grenache e Cannonau di fatto sono vitigni diversi e non assimilabili.
Poi al di la delle origini o della storia, mentre mi verso il Cannonau del bicchiere, mi immagino che tipo di vino fosse, ma una cosa è sicura: era qualcosa di molto molto diverso da quello attuale.
Del resto basta pensare a cosa bevevano i romani per capire che in comune c'e solo l'uva, mentre per tutto il resto le differenze sono abissali.
I romani bevevano spesso vino allungato con acqua di mare, mischiato a spezie e ad altri tipi di erbe (ginepro, menta, cannella), oltre a miele e resine varie.
Insomma una vera schifezza per i gusti di oggi, ma spesso necessari per mantenere integro un prodotto che non conosceva l'uso di solfiti o altri additivi e conservanti chimici.
Nel frattempo il Cannonau riserva 2010 di Sella e Mosca ha docilmente invaso il bicchiere, lasciando lacrime e archetti fitti e ravvicinati.
Tra i profumi che si sprigionano riconosco per intensità solo la viola e il pepe nero, mentre per il resto rimane un bouquet piacevole ma indefinito e uniforme.
In bocca si ravviva per calore e mordidezza, si sente il legno ma senza esagerare, mentre i tannini sono fini e levigati, mentre me li aspettavo-desideravo un po' più burberi e grezzi.
Il finale è legato a note di prugna e confettura che rimangono ben impressi sul palato.
Vino nella norma che si fa bere e se vogliamo ri-bere ma, se devo dire la verità, non mi ha del tutto convinto né tantomeno fatto innamorare.
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