Cacc'e Mmitte di Alberto Longo |
La mia mania di provare vini sempre nuovi, mi ha portato a comprare un cacc'e mmitte di lucera, Doc pugliese (acquisita nel 1974), che da disciplinare si può produrre con ben 7 uve diverse anche se tutte, o quasi, tipiche del territorio.
Possono concorrere alla sua produzione da un 35 al 60% di Nero di Troia, dal 25 al 35% di Montepulciano, Malvasia nera di Brindisi e Sangiovese (ecco l'intruso), e per finire da un 15 ad un 30% di vitigni a bacca bianca come Bombino bianco, Malvasia bianca e l'immancabile Trebbiano toscano.
Leggendo un vecchio Berebene 2009, scopro che le migliori versioni del Cacc'e Mmitte sembrano essere quelle con almeno il 50% di Nero di Troia ...... e con un certo sollievo scopro che la mia bottiglia di Alberto Longo, è composta da Nero di Troia al 55%, poi Montepulciano al 30% e il Bombino bianco al 15%.
Se volessimo ripercorrere a ritroso il percorso di questa bottiglia, ci troveremmo a Lucera, affascinante città dai diversi volti, stratificatisi sulle diverse dominazioni che si sono succedute nel tempo, da quella romana alla dominazione longobarda e poi ancora bizantina.
Il terreno su cui sorgono i filari di Bombino bianco, Montepulciano e Nero di Troia, è principalmente calcareo e argilloso, mentre il microclima è naturalmente caldo e secco in estate, mentre in inverno può essere anche rigido e in taluni casi nevoso, come ad esempio nell'ultimo scorcio del 2014.
La lavorazione solo in acciaio con macerazione sulle bucce per 20 giorni, consente al vino di mantenere una certa integrità e naturalità delle componenti organolettiche delle uve utilizzate, mentre l'affinamento in vasche di acciaio per 6/8 mesi e gli ulteriori 6 mesi in bottiglia si rendono necessari per poter smorzare certe spigolosita' e consentire una giusta amalgama di tannini e altre componenti del vino.
Nel bicchiere il Cacc'e Mmitte di Alberto Longo si presenta rosso rubino impenetrabile con ancora dei riflessi violacei.
Al naso si succedono in un veloce giro di valzer le note di terra bagnata e humus, pepe nero e amarena, ciliegia e prugna, con una punta erbacea appena percettibile.
Al palato si fanno notare i tannini piuttosto vigorosi e ancora poco integrati (ma si vorranno mai integrare ...) e una pronunciata acidità, che mi fanno propendere per un vino rustico, al limite del disarmonico ..... eppure nel complesso assolutamente soddisfacente soprattutto se abbinato ad pasta al ragù di selvaggina, carne rossa alla brace ma anche a pesci grassi o dalla preparazione complessa.
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