Non ho mai avuto dubbi sul fatto che il vero vino di Milano fosse fatto
a Montevecchia (24 km a nord) e non invece a San Colombano (40 km a Sud).
Il motivo per cui a San Colombano è stata data la
denominazione di ‘vino di Milano’, è semplicemente il fatto che a Montevecchia
la viticoltura, presente da tempi molto remoti, sia scomparsa con l’arrivo della
fillossera e con il contemporaneo forte sviluppo dell’industria nell’area
milanese e lariana.
In particolare mentre in altre aree Lombarde la soluzione
alla fillossera è stato l’utilizzo di portainnesti di uva americana, a
Montevecchia questo processo non è avvenuto, lasciando semplicemente morire la
viticoltura del luogo, se non per qualche isolato caso di contadino che la
piantava nei cortili come ornamento.
La vite in questa zona era presente già ai tempi dei Galli
Cisalpini prima e dei Romani poi, con un primo riferimento in ordine temporale
da parte di Strabone (I secolo d.C.).
Tra i vitigni citati dalle diverse fonti storiche, che poi
nella maggior parte dei casi si tratta di testamenti redatti da vescovi e
affini, si parla di Botascera, Vernazzola, Moscatella, Inzaga, Corbera,
Guernazza, Trebbiano, Bonarda, Malvasia, Cornetta, Barbera, Uvetta, Barbasina e
altre).
Alcune di queste uve oggi non si coltivano più, né qui e né altrove,
ma in compenso la viticoltura a Montevecchia è ‘miracolosamente’ rinata, grazie
alla caparbia volontà di pochi e coraggiosi contadini-sognatori.
Tra questi Mario Ghezzi, titolare di Terrazze di
Montevecchia, è senza dubbio il pioniere, colui che ha avuto l’intuizione di
ripiantare vigne a scopo di produrre vino laddove la viticoltura era scomparsa e
che lo ha fatto per primo.
Come ogni pioniere i primi passi sono quasi sempre da
considerarsi degli esperimenti. E allora ecco che la produzione ha inizio negli
anni ’90 con un vino chiamato Pincianell, prodotto comprando l’uva dai
contadini, fino a quando nel ’94 rileva Le Terrazze e affitta una collina dove
impianta vigneti.
Per la consulenza su quale vitigni piantare, interviene il
mitico Attilio Scienza, probabilmente interessato da questo vero e proprio esperimento
sul campo, consigliando quindi l’utilizzo di Viognier, Syrah e Merlot.
Da allora vengono prodotti tre vini: il Pincianell sia in
versione rossa che bianca che potremmo definire il vino entry level dell’azienda,
il Cepp che è un blend di Merlot e Syrah e un Brut Metodo Classico chiamato
Terrazze di Montevecchia che ho recentemente assaggiato.
Premetto subito che questo vino non ha nulla da invidiare ai
più blasonati Franciacorta e Trentodoc e in una degustazione alla cieca, a mio
modesto avviso, riserverebbe delle sorprese.
E’ un Brut molto territoriale, che parla di lotta integrata,
utilizzo dei solfiti al minimo sindacale e comunque di molto inferiore al limite
previsto per legge, oltre al concetto di viticoltura eroica per il grado di
inclinazione dei pendii e alle rese che non superano i 45 q.li/ha.
Se sei concentrato durante la degustazione ci puoi sentire
tutto questo e anche di più.
Come ad esempio al naso un iniziale nota di pesca bianca,
pasta di mandorle, malva e fiori secchi. La bocca fine, elegante e piacevole,
con chiusura fruttata e delicatamente sapida e minerale.
Viva il vino di Milano.
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