I Pfitsher producono vino dal 1861. Più di 150 anni nei
quali è molto cambiato il modo di fare vino, la filosofia produttiva, il
marketing, la commercializzazione, praticamente tutto quanto ruota fuori e
dentro una bottiglia di vino.
Ma mentre fino a circa 40 anni fa il tempo scorreva lento e
abbastanza immutabile, gli ultimi decenni hanno visto una sempre più vorticosa
evoluzione che ha portato un cambio radicale della filosofia produttiva.
Oggi è quasi scontato parlare di ricerca costante della
qualità e attenzione massima per ogni dettaglio, anche se poi per alcuni
produttori rimane un concetto proposto solo sull’etichetta o sul sito internet.
Tra i dettagli occorre ricordare che la tenuta dei Pfitscher,
fuori dall’abitato di Montagna, è ciò che di più sostenibile possa esistere
nell’ambito vitivinicolo. Ha infatti ottenuto la certificazione dell’Agenzia
CasaClima dell’Alto Adige che richiede il rispetto della sostenibilità
ambientale in tutti gli aspetti produttivi, dalla produzione alla lavorazione
per arrivare al confezionamento, oltre all’utilizzo responsabile delle risorse
idriche ed energetiche.
Ritornando invece alla filosofia produttiva, la costante,
continua, quasi testarda ricerca della qualità in vigna e in cantina, è l’unica
e imprescindibile strada che occorre seguire se si vuole fare un vino
territoriale, quindi un vino che rispetti appieno nella bottiglia i caratteri
salienti di un territorio, permettendo (cosa non del tutto secondaria) di
differenziarsi rispetto alla vasta gamma di offerta ad oggi in circolazione.
Ed è ancora oggi, come sempre, il terroir a influenzare
maggiormente un vino e quello dove coltivano i Pfitsher è un terroir scelto per
permettere ai vitigni di esprimersi al meglio.
L’azienda ha infatti una parte dei vitigni a Ora, posto a
fondovalle, dove d’estate le temperature possono raggiungere temperature
elevate e dove le pendenze sono irrilevanti, mentre il clima è generalmente
asciutto e appunto caldo. Qui vengono prodotti come il Merlot, il Lagrein e lo
Chardonnay.
Altri terreni sono apposti a Fiè, il vigneto più elevato che
raggiunge i 900 metri, dove si è piantato il Sauvignon e il Muller Thurgau,
varietà che si esaltano nei profumi grazie agli sbalzi termici.
E ancora a Egna si trova il vigneto Griensfeld, situato su
un cono di sabbia e ghiaia trasportata dal Rio Trodena, che si ritiene perfetto
per il Gewurztraminer e la Schiava.
Infine Montagna, sul versante orientale della Bassa Atesina,
il comune da cui tutto è iniziato, dove le pendenze sono davvero impegnative e
la viticoltura è quella eroica di montagna dove la parte manuale non è solo
preponderante ma semplicemente l’unica possibile.
Su questi terreni viene prodotto il Pinot Nero Matan Riserva
che ho assaggiato e per il quale ‘ i soliti astemi’ ringraziano una gentile
signora che nel frattempo ci ha lasciato.
Su questi terreni grazie alle notti fresche e alle giornate
calde dell’estate, le uve si arricchiscono di aromi fruttati, oltre a
sviluppare un buon grado di contenuto zuccherino.
Ne escono dei Pinot nero molto varietali che ricordano
spiccatamente la terra a cui sono legati.
Le uve del Matan provengono da vigneti siti a Gleno e
Langefeld, nel comune di Montagna, tra i 400 e i 600 metri.
Siamo di fronte ad un Pinot nero che riesce a mantenere un
giusto concetto di delicatezza e al contempo esprimersi con un nerbo non
comune.
Il colore è un rosso rubino particolarmente carico, cosa
abbastanza insolita per il diafano Pinot nero, mentre al naso affiorano subito
le classiche note di fragolina di bosco, lamponi e ribes che si legano a
sentori più corporei e intensi come la liquirizia e il balsamico.
Il vino al sorso mostra grinta e nerbo capaci di
impreziosire senza sminuire la classica aristocratica eleganza dei migliori Pinot
nero.
Vino e azienda da tenere d’occhio con estrema attenzione.
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