La Valtellina, terra di rossi longevi a base Nebbiolo, è
strettamente imparentata con la tradizione enologica piemontese, con l’eccezione
morfologica di altitudini in media più elevate, tanto che qui si può
tranquillamente parlare di viticoltura di montagna o viticoltura eroica, per la
totale assenza di assistenza meccanizzata nei lavori in vigna.
In questo panorama vitivinicolo, la sottozona Sassella è la
più storica e vocata per la produzione di vino di tutta la Valtellina. L’età
media delle viti è particolarmente alta e la raccolta delle uve fatta a mano si
sussegue lungo i chilometri di terrazzamenti fatti con muretti a secco tenuti
in religioso ordine dai contadini-produttori.
Come dicevamo il Nebbiolo fa la parte del padrone di casa,
anche se in taluni casi possono infilarsi altre varietà locali che non superano
mai il 5%.
In questo contesto opera un produttore di medio-grandi
dimensioni, come Nino Negri, che pur facendo parte della galassia Gruppo
Italiano Vini, ha potuto mantenere un suo specifico territoriale sotto la guida sapiente da diversi decenni del bravissimo enologo
Casimiro Maule.
La Nino Negri nel corso del tempo è riuscita nel difficile
compito di valorizzare con il proprio brand e i propri vini un intero territorio,
con benefici effetti per tutti i produttori della zona, grandi e piccoli,
famosi e meno famosi.
E ci è riuscita anche grazie alla riproposizione anno dopo
anno di un altissimo livello qualitativo, ad un prezzo democratico e giusto,
con una produzione che si attesta sulla ragguardevole cifra delle 800.000
bottiglie prodotte.
In altre parole chi vuole bere Nino Negri innanzitutto non
deve dannarsi per trovare le bottiglie, le compra ad un giusto prezzo e generalmente
ci trova una qualità media di tutto rispetto.
Proprio questo pensavo mentre in una torrida serata di
inizio luglio, sul terrazzo di casa di Chef Fabrice (il buon ritiro estivo del
gruppo degli astemi), ascoltavo i commenti degli impavidi amici e degustavo con
calma alla ricerca di tutte le sensazioni che la bottiglia sapeva offrire.
La bottiglia in questione era un Sassella Valtellina
Superiore annata 2013, di chiaro stampo classico nei profumi e nei sapori, con
un’appena accennata nota piaciona e godereccia.
Nei profumi incanta per le finissime note di amarena, prugna
secca, spezie dolci, viola appassita e liquirizia, con un prezioso sottofondo fumè.
Al palato si stacca e affranca dal solito Nebbiolo
Valtellinese, offrendo un palato agile, veloce e genuino, sapido e rotondo,
dove spiccano tannini vellutati e un retrogusto balsamico che mi ha subito ricordato
il Barbaresco Ovello dei Produttori di Barbaresco assaggiato di recente.
Ottimo prodotto e neanche difficile da abbinare.
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