Brunello di Montalcino Il Poggione |
Del Brunello di Montalcino della Tenuta Il Poggione mi era già capitato di assaggiare l'annata 2009 lo scorso anno in occasione dell'avvenimento organizzato dall'Associazione Italiana Sommelier per i suoi (primi) 50 anni (http://baccanera88.blogspot.it/2015/07/i-primi-50-anni-della-associazione.html).
Tuttavia si trattava di un assaggio veloce in mezzo a tanti altri assaggi, fatto in un caldissimo tardo pomeriggio di luglio, in una sala piuttosto affollata da tanti colleghi, appassionati, blogger e semplici curiosi.
Mi è capitato ancora di assaggiare l'annata 2009 in una piovosa serata di metà ottobre, ad una cena da amici, in tutta calma, con la possibilità di studiarne attentamente tutte le infinite sfumature visive, olfattive e gusto-olfattive che un Brunello di classe è in grado di offrire.
Al di là dei premi che ormai si sprecano, non ultimo il riconoscimento della influente e prestigiosa rivista americana Wine Spectetor che gli ha assicurato il quarto posto della sua esclusiva classifica e un probabilissimo successo di vendite negli Stati Uniti, Il Poggione merita senza possibilità di discussione tutte le lodi di pubblico e critica degli ultimi anni.
Anni che si sono senz'altro rivelati in grande ascesa per l'azienda di Montalcino fondata verso la fine del 1800 da Lavinio Franceschi e oggi guidata da Leopoldo e Livia, che hanno saputo sfruttare le grandi potenzialità del terroir unite a condizioni climatiche del tutto particolari grazie all'influenza del Monte Amiata e del non lontano Mar Tirreno.
I vigneti tutti piuttosto vecchi, si posizionano ad una altitudine variabile tra i 150 e i 450 mslm.
Dopo la vendemmia rigorosamente effettuata a mano, la vinificazione dura 15-20 giorni a cappello sommerso in vasche di acciaio inox a temperatura controllata, con lo svolgimento della fermentazione malolattica.
Come per tutti i grandi rossi che si devono far aspettare, l''affinamento avviene in un periodo di tempo di 36 mesi in grandi botti di rovere francese da 30 e 50 hl a cui seguono 5 mesi di bottiglia.
Stappato circa tre ore prima della cena, al momento di versarlo nel bicchiere rivelava un rubino vivace e una certa timidezza che si è presto svelata all'analisi olfattiva.
Il naso è un veloce alternarsi di confettura di prugna, ferro e liquirizia, per poi lasciare spazio a sentori sempre più raffinati e complessi come la macchia mediterranea, pepe nero e sigaro, humus e funghi porcini.
In bocca si presenta deciso e quasi austero, con buona freschezza, tannini decisi e ancora piuttosto incisivi, grande estrazione del frutto, mentre la propria naturale irruenza si dipana su un finale lunghissimo e con una delicata scia di tamarindo.
Intensità e complessità al servizio di una ostentata sicurezza da primo della classe, un numero uno che non si lascerà ammaliare da facili trionfalismi e a cui si può ben prospettare un radioso futuro.
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