Brunello Biondi Santi |
Approfittando di questo finale di primavera ancora piuttosto piovoso e insolitamente freddo, è giunta l'ora di rompere gli indugi e assaggiare gli ultimi grandissimi vini rossi della stagione, prima che l'estate mi indirizzi inevitabilmente sui vini bianchi via via sempre più semplici e meno strutturati (e beverini).
Ancora una volta è una serata in compagnia e una cena abbinata in maniera perfetta a fare da contorno ad una emozionante bottiglia di Brunello di Montalcino della Biondi-Santi, vino che mi è stato regalato dai miei ex colleghi di lavoro per un giorno speciale.
Per i pochissimi che non lo sapessero stiamo parlando di un vino che non si limita semplicemente ad essere di classe superiore, ma che ha fatto letteralmente la storia della viticoltura italiana.
Tutto inizia nei primi decenni del 1800 (quindi un'era geologica fa) quando un tale Clemente Santi, di professione farmacista, pare che assecondando la sua passione si dedicasse più alla vigna che alla sua professione.
All'epoca in zona di Montalcino si produceva un vino rosso che era un blend di molte diverse uve tra le quali Sangiovese, Canaiolo, Trebbiano, Malvasia e i meno nobili Colorino, Tenerone e Gorgottesco.
Nel 1869 il rosso di Clemente Santi vince due medaglie ad una fiera vinicola in zona di Montalcino e qui abbiamo le prime segnalazioni ufficiali di quello che molto tempo dopo diventerà il Brunello di Montalcino che conosciamo oggi.
Un primo deciso salto di qualità lo pratica Ferruccio che aveva una concezione molto diversa rispetto a quell'epoca del vino.
Si dedica alla selezione di un particolare biotipo di Sangiovese particolarmente resistente alle malattie e per la produzione del suo vino esclude tutti gli altri vitigni utilizzati fino a quel momento, producendo un vino strutturato, longevo e di carattere che sulla difficile e pietrosa terra ilcinese rende molto poco, anche in termini di guadagni rispetto ad altre colture.
In contrasto con la concezione dei tempi, nei quali il vino era sostentamento e quindi si sceglievano vitigni vigorosi e votati alla quantità, Ferruccio fa selezione e intuisce le potenzialità di invecchiamento del suo vino.
Con Tancredi e poi con il mitico Franco Biondi Santi si ha la definitiva consacrazione del Brunello Biondi-Santi e soprattutto a quest'ultimo si deve l'ostinata ritrosia a utilizzare barriques di legno nuovo, che tanto erano in voga in Toscana tra gli anni 80 e la fine del secolo scorso.
Dopo questa breve ma doverosa storia della Biondi-Santi, concentriamoci senza indugio nella degustazione del Brunello annata 2007.
Grande spessore olfattivo fatto di confettura di amarena, viola, caffè tostato e macchia mediterranea. Dopo adeguata areazione compaiono anche note terziarie di cuoio e resina, accompagnate sempre da una leggera ma persistente speziatura.
Bouquet nel complesso elegante e ben amalgamato.
Al palato domina l'equilibrio, dettato da un buona dose di glicerina e alcol in contrapposizione a tannini levigatissimi, freschezza da manuale e una sapidità che riempie la bocca.
Un assaggio che permane per un tempo incalcolabile e che lascia la bocca soddisfatta, con un richiamo delicato di frutta.
Insuperabile nel suo genere.
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