Oggi ho voglia di parlarvi di tre passiti, bevuti a distanza di 15 giorni l'uno dall'altro, accomunati dal fatto di essere cresciuti nel freddo e nevoso Nord Italia.
Dindarello di Maculan |
Il Moscato Fior d'Aarancio appartiene alla famiglia del Moscato giallo, vitigno usato sia per la vinificazione sia per la produzione di uva da tavola.
Fa parte dei vitigni cosiddetti aromatici e al pari di altri moscati come quello di Scanzo, non ha una grande diffusione e questo lo rende in un certo senzo una chicca enologica.
Il nome moscato deriva dal latino muscum, per quel suo caratteristico profumo di muschio.
Il moscato è stato portato in Italia dai Greci, coltivato dai Romani e portato al Nord, poi più tardi si è diffuso grazie ai mercanti veneziani.
Molto apprezzato dall'aristocrazia non è mai stato particolarmente amato dai contadini per la sua difficoltà ad essere coltivato.
Oltre che in Trentino è da sempre diffuso nella zona dei Colli Euganei, dove nel passato ha rischiato l'estinzione a causa della sua maturazione tardiva, ma la costanza di alcuni piccoli produttori lo hanno salvato dall'estinzione.
Molto apprezzato dall'aristocrazia non è mai stato particolarmente amato dai contadini per la sua difficoltà ad essere coltivato.
Oltre che in Trentino è da sempre diffuso nella zona dei Colli Euganei, dove nel passato ha rischiato l'estinzione a causa della sua maturazione tardiva, ma la costanza di alcuni piccoli produttori lo hanno salvato dall'estinzione.
Il Dindarello nasce sulle dolci colline tufacee e di origine vulcanica dei Colli Euganei, svolge un appassimento delle uve per circa un mese in fruttaio, poi fermenta in acciaio, per terminare con un breve affinamento in bottiglia prima della commercializzazione.
Il Dindarello si presenta giallo paglierino carico. Si porta in dote i profumi tipici del vitigno aromatico con la nota di muschio e salvia ber presente e persistente, per poi passare ai profumi di frutta come la pera matura, l'albicocca e la confettura di pesca, su una scia sapida e una nota boisè di sottofondo.
Il sorso si sviluppa in buona progressione, con equilibrio gustativo invidiabile, una contenuta presenza di zuccheri, attacco fresco e buona persistenza.
E' complessivamente piacevole e sembra che tenda più a voler far bene che a impressionare, tutto un equilibrio nelle diverse componenti morbide e dure al palato e profumi maturi, ma con una bella presenza della parte vegetale e floreale.
In due parole lo definirei completo ed equilibrato.
Difficilmente troverete questo produttore sulle guide di settore, quelle che danno le viti, le bottiglie o i bicchieri, nonostante il baricentro produttivo di Terredavino sia posizionato nel comune di Barolo.
La motivazione è che questo produttore ha scelto una precisa strategia commerciale basata sui grandi numeri che le permettono una presenza capillare nella grande distribuzione.
Con i suoi 5.000 ettari coltivati da 2.500 contadini che conferiscono l'uva prodotta da un po' tutto il Piemonte la qualità fatica a tenere il passo con i numeri.
Eppure il loro Moscato passito ..... non è niente male.
Non dico che possa competere con un Ben Rye ma di certo è un prodotto più che onesto, ben fatto, bilanciato, con una certa presenza di corpo e struttura grazie alla surmaturazione delle uve moscato che si arricchiscono delle evoluzioni degli aromi terpenici.
E del resto la cura per un passito che matura sulla pianta ci deve necessariamente essere per garantire la sanità delle uve ed ottenere il giusto grado di concentrazione zuccherina.
Alla raccolta dell'uva segue una fermentazione di 10 giorni, poi un affinamento di 12 mesi sui lieviti.
Color giallo oro, profumi pieni e vivaci di albicocca disidratata, datteri, miele di castagno, salvia e mughetto.
In bocca esprime una sostenuta dolcezza contrastata adeguatamente da una buona freschezza nonostante l'annata non più recentissima, con ottima persistenza finale.
Insomma una dimostrazione che il vino va sempre degustato senza pregiudizi di sorta e spesso le sorprese sono più frequenti di quello che si possa pensare.
La motivazione è che questo produttore ha scelto una precisa strategia commerciale basata sui grandi numeri che le permettono una presenza capillare nella grande distribuzione.
Con i suoi 5.000 ettari coltivati da 2.500 contadini che conferiscono l'uva prodotta da un po' tutto il Piemonte la qualità fatica a tenere il passo con i numeri.
Eppure il loro Moscato passito ..... non è niente male.
Non dico che possa competere con un Ben Rye ma di certo è un prodotto più che onesto, ben fatto, bilanciato, con una certa presenza di corpo e struttura grazie alla surmaturazione delle uve moscato che si arricchiscono delle evoluzioni degli aromi terpenici.
E del resto la cura per un passito che matura sulla pianta ci deve necessariamente essere per garantire la sanità delle uve ed ottenere il giusto grado di concentrazione zuccherina.
Alla raccolta dell'uva segue una fermentazione di 10 giorni, poi un affinamento di 12 mesi sui lieviti.
Color giallo oro, profumi pieni e vivaci di albicocca disidratata, datteri, miele di castagno, salvia e mughetto.
In bocca esprime una sostenuta dolcezza contrastata adeguatamente da una buona freschezza nonostante l'annata non più recentissima, con ottima persistenza finale.
Insomma una dimostrazione che il vino va sempre degustato senza pregiudizi di sorta e spesso le sorprese sono più frequenti di quello che si possa pensare.
Diciamo subito che si tratta di un passito straordinario, un campione, un numero uno.
I vitigni utilizzati sono gli alloctoni Chardonnay e Sauvignon, oltre all'autoctono Turbiana, uva che riposa in fruttaio per 3 mesi, poi dopo la vinificazione, affina in botti di rovere per un anno.
Come tutti sanno in un passito la differenza è data dall'equilibrio tra dolcezza e acidità. Nel caso del Tre Filer di Ca' dei Frati, oltre a questo si può aggiungere anche una buona dose di sapidità che indubbiamente rende il passito molto interessante.
Giallo paglierino nel bicchiere, ha un naso interessante e fine di agrumi, gelsomino, noci, miele e camomilla.
Grande finezza anche al palato, con attacco pieno, equilibrio superlativo grazie all'apporto acido del Turbiana che si combina con l'eleganza dello Chardonnay e la complessità semi-aromatica del Sauvignon.
Abbinamento spaziale con una crostata di limoni di 'Chef Fabrice', un amico cuoco specializzato in gastronomia di alto livello a domicilio che lavora con materie prime ricercate e di qualità, di cui sentirete spesso parlare in futuro su questo blog.
I vitigni utilizzati sono gli alloctoni Chardonnay e Sauvignon, oltre all'autoctono Turbiana, uva che riposa in fruttaio per 3 mesi, poi dopo la vinificazione, affina in botti di rovere per un anno.
Come tutti sanno in un passito la differenza è data dall'equilibrio tra dolcezza e acidità. Nel caso del Tre Filer di Ca' dei Frati, oltre a questo si può aggiungere anche una buona dose di sapidità che indubbiamente rende il passito molto interessante.
Giallo paglierino nel bicchiere, ha un naso interessante e fine di agrumi, gelsomino, noci, miele e camomilla.
Grande finezza anche al palato, con attacco pieno, equilibrio superlativo grazie all'apporto acido del Turbiana che si combina con l'eleganza dello Chardonnay e la complessità semi-aromatica del Sauvignon.
Abbinamento spaziale con una crostata di limoni di 'Chef Fabrice', un amico cuoco specializzato in gastronomia di alto livello a domicilio che lavora con materie prime ricercate e di qualità, di cui sentirete spesso parlare in futuro su questo blog.
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