La Sardegna che tutti conoscono è fatta di mare cristallino, sole e spiagge, ed è quasi sempre un'immagine legata alle sue splendide coste.
Per incontrare la Sardegna veramente incontaminata, occorre spostarsi all'interno come a Bonannaro, piccolo paesino del nord-ovest dove la civiltà nuragica ha proliferato tra l'età del bronzo e quella romana, con le sue tipiche costruzioni nuragiche, i templi dell'acqua sacra e le tombe dei giganti.
Ed è in questo sperduto lembo di Sardegna che Andrea Ledda produce i suoi Vermentino, Cannonau e Bovale, tre vitigni autoctoni di un territorio verdissimo, principalmente pianeggiante e collinare, con picchi isolati come i declivi basaltici del Monte Pelao e il vulcano spento Monte Arana, punteggiato da piccoli paesini separati da campi di cereali, piantagioni di olivi e frutteti delimitati da muretti in pietra a secco, ma anche semplici prati e soprattutto un mare di ciliegie di un sapore particolare, la cui sagra ogni anno richiama circa un migliaio di turisti.
In questo paesaggio naturale e agricolo, dove l'impatto dell'industria e dell'uomo in senso abitativo è irrilevante, crescono le vigne di Vermentino, vitigno molto diffuso sull'isola come anche in Toscana e Liguria, raccolte durante la prima o seconda decade di ottobre.
Solo acciaio e basse rese (60 quintali per ettaro), a cui segue l'affinamento sulle fecce e una lunga sosta in bottiglia.
Il tutto produce un vino chiamato Acero, annata 2012, dal colore giallo paglierino molto carico, con riflessi dorati.
I profumi sono ampi anche se in principio un po' timidi e comunque giocati sui sentori di frutta a pasta gialla e minerali.
In bocca da il meglio, con un tono morbido, il sorso opulento, pieno e .... un po' furbetto, anche grazie ad un alcol piuttosto generoso, a cui non manca però a controbilanciare una buona acidità complessiva e una elegante mineralità su un finale decisamente lungo.
Da provare con insalata di polpo.
Approfittando di una momentanea pausa del caldo estivo, mi sono concesso anche l'Ebano, un Isola dei Nuraghi Igt, annata 2010, composto al 50% da Bovale e al 50% da Cannonau.
Anche qui basse rese (60 q.li per ettaro) e medio-alta densità d'impianto (5.500 ceppi/ettaro), con macerazione sulle bucce per 15-20 giorni, affinamento in acciaio per 12 mesi e in botte per altri 12 mesi, oltre a 6 mesi di bottiglia.
I profumi sono immediati e pieni, di pepe nero, frutta cotta e prugne, condite da sentori boisè, mentre il sorso, indubbiamente influenzato da un alcol poderoso (15% Vol.), si percepisce subito mordido, con tannini levigati e setosi, pieno, robusto e strutturato, dove ritornano le sensazioni di frutta percepite all'olfatto.
Un vino che riempie bene il palato, di sicuro desideroso di mostrare i muscoli ma senza strafare e qui l'uso del legno ha sicuramente addolcito due vitigni piuttosto rustici come il bovale e il cannnonau.
Sensazioni che possono essere pienamente sposate con un cibo di adeguata struttura, come ad esempio importanti arrosti di carne, primi piatti con sughi a base di cacciagione, brasato e via di questo passo.
Per incontrare la Sardegna veramente incontaminata, occorre spostarsi all'interno come a Bonannaro, piccolo paesino del nord-ovest dove la civiltà nuragica ha proliferato tra l'età del bronzo e quella romana, con le sue tipiche costruzioni nuragiche, i templi dell'acqua sacra e le tombe dei giganti.
Ed è in questo sperduto lembo di Sardegna che Andrea Ledda produce i suoi Vermentino, Cannonau e Bovale, tre vitigni autoctoni di un territorio verdissimo, principalmente pianeggiante e collinare, con picchi isolati come i declivi basaltici del Monte Pelao e il vulcano spento Monte Arana, punteggiato da piccoli paesini separati da campi di cereali, piantagioni di olivi e frutteti delimitati da muretti in pietra a secco, ma anche semplici prati e soprattutto un mare di ciliegie di un sapore particolare, la cui sagra ogni anno richiama circa un migliaio di turisti.
Il Vermentino di Ledda |
Solo acciaio e basse rese (60 quintali per ettaro), a cui segue l'affinamento sulle fecce e una lunga sosta in bottiglia.
Il tutto produce un vino chiamato Acero, annata 2012, dal colore giallo paglierino molto carico, con riflessi dorati.
I profumi sono ampi anche se in principio un po' timidi e comunque giocati sui sentori di frutta a pasta gialla e minerali.
In bocca da il meglio, con un tono morbido, il sorso opulento, pieno e .... un po' furbetto, anche grazie ad un alcol piuttosto generoso, a cui non manca però a controbilanciare una buona acidità complessiva e una elegante mineralità su un finale decisamente lungo.
Da provare con insalata di polpo.
Isola dei Nuraghi di Ledda |
Anche qui basse rese (60 q.li per ettaro) e medio-alta densità d'impianto (5.500 ceppi/ettaro), con macerazione sulle bucce per 15-20 giorni, affinamento in acciaio per 12 mesi e in botte per altri 12 mesi, oltre a 6 mesi di bottiglia.
I profumi sono immediati e pieni, di pepe nero, frutta cotta e prugne, condite da sentori boisè, mentre il sorso, indubbiamente influenzato da un alcol poderoso (15% Vol.), si percepisce subito mordido, con tannini levigati e setosi, pieno, robusto e strutturato, dove ritornano le sensazioni di frutta percepite all'olfatto.
Un vino che riempie bene il palato, di sicuro desideroso di mostrare i muscoli ma senza strafare e qui l'uso del legno ha sicuramente addolcito due vitigni piuttosto rustici come il bovale e il cannnonau.
Sensazioni che possono essere pienamente sposate con un cibo di adeguata struttura, come ad esempio importanti arrosti di carne, primi piatti con sughi a base di cacciagione, brasato e via di questo passo.
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