E siamo solo alla Valle d'Aosta, sara' meglio accelerare un po'.
LIGURIA
SAN BIAGIO DELLA CIMA
Non avevo mai assaggiato il Rossese di Dolceacqua ed ero veramente curioso di capire com'era. Purtroppo non esponeva Maccario Dringenberg che, stando alle guide, è il migliore in commercio.
Ho quindi ripiegato su due proposte dell'enoteca ligure di questa azienda che fa imbottigliare da Maccario Dringenberg, una versione leggera, con vigneti in forte pendenza a 800 metri slm, buoni profumi di frutta rossa ma non particolarmente complessi, mentre il palato è fresco, minerale e piacevolmente tannico, con finale amarognolo.
Simile la seconda proposta, solo un po' più complessa, con vigneti posti ad altitudini più basse da cui ne deriva un Rossese che, come mi spiegava il simpatico sommelier dell'eoteca regionale, dovrebbe risultare più tipico.
Devo dire che pur non avendomi particolarmente colpito, la versione più leggera ha l'innegabile pregio di accompagnarsi adeguatamente con i piatti di pesce della cucina ligure.
BIO VIO
Azienda a conduzione biologica di Albenga che ha il suo pezzo forte nel Pigato, anche se ho assaggiato un loro Rossese che non era sensibilmente diverso da quelli di San Biagio della Cima.
Invece è stato assolutamente spettacolare l'assaggio del loro Pigato Bon in da Bon, giallo oro al bicchiere, bouquet complesso di arancia e cedro, macchia mediterranea e pietra focaia, ginestra e pesca gialla, ananas .....
In bocca si supera con una spettacolare salinità e una acidità perfettamente integrata nel corpo del vino, spiazzante nella sua tannicità ma che al contempo riesce ad essere equilibrato come solo un gran vino può essere.
Questo Pigato fa una macerazione di 4 o 5 giorni sulle bucce che gli imprime una personalità e un nerbo di sicuro successo.
LAZIO
CINCINNATO
Azienda cooperativa che ha due grandi pregi: aver creduto in due vitigni autoctoni del territorio come il Nero Buono di Cori e il Bellone e aver adottato un rapporto prezzo-qualità al limite del folle.
Il loro Bellone ha una acidità quasi tagliente e una grande sapidità al palato, mentre al naso si sprigionano profumi di frutta bianca (pesca, susina), fiori di campo e mandarino; tutti i profumi di questo autoctono laziale davvero ben riuscito si giocano su un ampio spettro olfattivo.
Da prenderne a cartoni da 6 e berne senza riserva, con assoluta goduria di naso e palato.
Il Nero Buono di Cori, contrariamente a quanto avevo sentito dire, è un vino maschio, con sentori di frutta nera e rossa, mirtilli, more, tannini fitti e leggermente verdi, leggere note di tabacco, pepe nero e tanto altro.
Un paio d'anni di barriques ne ingentiliscono appena il tratto burbero, di ottima longevità e grande soddisfazione con piatti di carne o formaggi stagionati.
Due vere sorprese ad un prezzo quasi irriverente (verso il produttore).
BASILICATA
ELENA FUCCI
Di Elena Fucci avevo letto su Divini, il blog del Corriere della Sera.
Per lei la produzione si ferma ad un solo vino, curato fin nei minimi particolari, un Aglianico del Vulture chiamato Titolo, che fa un anno di barriques e tanta selezione già in vigna.
I profumi sono di grande impatto olfattivo, dove si alternano cuoio, tabacco, humus, pepe, frutta rossa matura. Al gusto si presenta elegante, piacevolmente caldo, con tannini fitti ma setosi, una piacevole vera minerale che si può percepire come pietra bagnata, tanta polpa, note terrose e beva nel complesso coinvolgente.
ALTRE REGIONI E PRODUTTORI IN ORDINE SPARSO
Altri produttori meriterebbero uno spazio adeguato di racconto, ma non vi voglio tediare, quindi cercherò di condensare il tutto in poche righe.
Mi ha fatto un'ottima impressione il San Lorenzo 2013 di Girolamo Russo e anche il loro Feudo 2013, dalla composizione praticamente identica, 100% Nerello Mascalese, ma con diversità di altitudine di vigna. Entrambi da poco usciti dalla vasca sono da considerare in prospettiva e a mio avviso è una prospettiva di sicuro successo.
Sono vini dalla buona personalità complessiva, con note terrose bene in evidenza, tannini incisivi, profumi che spaziano dal pepe nero, alla viola, per passare alla macchia mediterranea e alle note balsamiche; in generale godono di una straripante mineralità dovuta ad un terreno del tutto eccezionale, con stratificazioni successive di lava e leggeri differenze.
E se la Tintilla del Molise di Catabbo merita un post a parte, voglio segnalare un interessante Timorasso de I Carpini, e qui vale la pena di ricordare che il Timorasso è un bianco dalla longevità eccezionale e dalle potenzialità ad oggi solo parzialmente espresse.
Per finire e prima di salutare il Vinitaly 2015 volevo assaggiare un vino della Valtellina e la scelta è ricaduta su Mamete Prevostini, azienda di Mese in provincia di Sondrio, di cui ho assaggiato un ottimo Sassella San Lorenzo 2011, di cui ricordo il gusto pieno, rotondo, invitante, tannini morbidi (ma solo dopo 15 mesi di barrique) e profumi delicati di sottobosco e susina rossa, su un accenno di vaniglia e di tabacco.
Più complesso il loro Albareda, dal colore granato scarico, con sentori di marmellata di prugne, rosa appassita, viola, caffè e cacao.
Il palato è piacevolmente accarezzato dalla morbidezza della glicerina e da un alcol elegante, trama tannica piacevole, buona freschezza e media sapidità.
Per finire devo anche accennare alla parziale delusione di un Sergio Mottura di cui si parlava un gran bene e di cui ho saputo apprezzare solo il Muffo, mentre su Orvieto e Latour i profumi erano praticamente assenti e il gusto si limitava ad una freschezza peraltro non ben integrata con il resto del sorso.
Un po' sotto le attese anche l'Arcurìa, l'Etna rosso di Graci, annata 2012 di cui non ho percepito nè la giusta complessità e intensità olfattiva e nemmeno il sorso deciso e marcato che mi sarei aspettato.
Stessa discorso per il Cannonau e il Monica di Jerzu.
LIGURIA
SAN BIAGIO DELLA CIMA
Non avevo mai assaggiato il Rossese di Dolceacqua ed ero veramente curioso di capire com'era. Purtroppo non esponeva Maccario Dringenberg che, stando alle guide, è il migliore in commercio.
Ho quindi ripiegato su due proposte dell'enoteca ligure di questa azienda che fa imbottigliare da Maccario Dringenberg, una versione leggera, con vigneti in forte pendenza a 800 metri slm, buoni profumi di frutta rossa ma non particolarmente complessi, mentre il palato è fresco, minerale e piacevolmente tannico, con finale amarognolo.
Simile la seconda proposta, solo un po' più complessa, con vigneti posti ad altitudini più basse da cui ne deriva un Rossese che, come mi spiegava il simpatico sommelier dell'eoteca regionale, dovrebbe risultare più tipico.
Devo dire che pur non avendomi particolarmente colpito, la versione più leggera ha l'innegabile pregio di accompagnarsi adeguatamente con i piatti di pesce della cucina ligure.
BIO VIO
Azienda a conduzione biologica di Albenga che ha il suo pezzo forte nel Pigato, anche se ho assaggiato un loro Rossese che non era sensibilmente diverso da quelli di San Biagio della Cima.
Invece è stato assolutamente spettacolare l'assaggio del loro Pigato Bon in da Bon, giallo oro al bicchiere, bouquet complesso di arancia e cedro, macchia mediterranea e pietra focaia, ginestra e pesca gialla, ananas .....
In bocca si supera con una spettacolare salinità e una acidità perfettamente integrata nel corpo del vino, spiazzante nella sua tannicità ma che al contempo riesce ad essere equilibrato come solo un gran vino può essere.
Questo Pigato fa una macerazione di 4 o 5 giorni sulle bucce che gli imprime una personalità e un nerbo di sicuro successo.
LAZIO
CINCINNATO
Azienda cooperativa che ha due grandi pregi: aver creduto in due vitigni autoctoni del territorio come il Nero Buono di Cori e il Bellone e aver adottato un rapporto prezzo-qualità al limite del folle.
Il loro Bellone ha una acidità quasi tagliente e una grande sapidità al palato, mentre al naso si sprigionano profumi di frutta bianca (pesca, susina), fiori di campo e mandarino; tutti i profumi di questo autoctono laziale davvero ben riuscito si giocano su un ampio spettro olfattivo.
Da prenderne a cartoni da 6 e berne senza riserva, con assoluta goduria di naso e palato.
Il Nero Buono di Cori, contrariamente a quanto avevo sentito dire, è un vino maschio, con sentori di frutta nera e rossa, mirtilli, more, tannini fitti e leggermente verdi, leggere note di tabacco, pepe nero e tanto altro.
Un paio d'anni di barriques ne ingentiliscono appena il tratto burbero, di ottima longevità e grande soddisfazione con piatti di carne o formaggi stagionati.
Due vere sorprese ad un prezzo quasi irriverente (verso il produttore).
BASILICATA
ELENA FUCCI
Di Elena Fucci avevo letto su Divini, il blog del Corriere della Sera.
Per lei la produzione si ferma ad un solo vino, curato fin nei minimi particolari, un Aglianico del Vulture chiamato Titolo, che fa un anno di barriques e tanta selezione già in vigna.
I profumi sono di grande impatto olfattivo, dove si alternano cuoio, tabacco, humus, pepe, frutta rossa matura. Al gusto si presenta elegante, piacevolmente caldo, con tannini fitti ma setosi, una piacevole vera minerale che si può percepire come pietra bagnata, tanta polpa, note terrose e beva nel complesso coinvolgente.
ALTRE REGIONI E PRODUTTORI IN ORDINE SPARSO
Altri produttori meriterebbero uno spazio adeguato di racconto, ma non vi voglio tediare, quindi cercherò di condensare il tutto in poche righe.
Mi ha fatto un'ottima impressione il San Lorenzo 2013 di Girolamo Russo e anche il loro Feudo 2013, dalla composizione praticamente identica, 100% Nerello Mascalese, ma con diversità di altitudine di vigna. Entrambi da poco usciti dalla vasca sono da considerare in prospettiva e a mio avviso è una prospettiva di sicuro successo.
Sono vini dalla buona personalità complessiva, con note terrose bene in evidenza, tannini incisivi, profumi che spaziano dal pepe nero, alla viola, per passare alla macchia mediterranea e alle note balsamiche; in generale godono di una straripante mineralità dovuta ad un terreno del tutto eccezionale, con stratificazioni successive di lava e leggeri differenze.
E se la Tintilla del Molise di Catabbo merita un post a parte, voglio segnalare un interessante Timorasso de I Carpini, e qui vale la pena di ricordare che il Timorasso è un bianco dalla longevità eccezionale e dalle potenzialità ad oggi solo parzialmente espresse.
Per finire e prima di salutare il Vinitaly 2015 volevo assaggiare un vino della Valtellina e la scelta è ricaduta su Mamete Prevostini, azienda di Mese in provincia di Sondrio, di cui ho assaggiato un ottimo Sassella San Lorenzo 2011, di cui ricordo il gusto pieno, rotondo, invitante, tannini morbidi (ma solo dopo 15 mesi di barrique) e profumi delicati di sottobosco e susina rossa, su un accenno di vaniglia e di tabacco.
Più complesso il loro Albareda, dal colore granato scarico, con sentori di marmellata di prugne, rosa appassita, viola, caffè e cacao.
Il palato è piacevolmente accarezzato dalla morbidezza della glicerina e da un alcol elegante, trama tannica piacevole, buona freschezza e media sapidità.
Per finire devo anche accennare alla parziale delusione di un Sergio Mottura di cui si parlava un gran bene e di cui ho saputo apprezzare solo il Muffo, mentre su Orvieto e Latour i profumi erano praticamente assenti e il gusto si limitava ad una freschezza peraltro non ben integrata con il resto del sorso.
Un po' sotto le attese anche l'Arcurìa, l'Etna rosso di Graci, annata 2012 di cui non ho percepito nè la giusta complessità e intensità olfattiva e nemmeno il sorso deciso e marcato che mi sarei aspettato.
Stessa discorso per il Cannonau e il Monica di Jerzu.
Commenti
Posta un commento