Le prime cooperative vitivinicole sono nate in Italia verso la seconda metà dell'Ottocento ma è a partire dagli anni '60 che iniziano a diffondersi e proliferare.
Costituiscono una parte fondamentale del tessuto vitivinicolo italiano, anche se il modello organizzativo e di lavoro può essere molto diverso.
La più grande cooperativa esistente in Italia è la GIV, che riunisce diversi marchi conosciuti a livello nazionale.
In questo caso la cooperazione è soprattutto a livello di marketing, commercializzazione e logistica; per il resto ognuno dei marchi ha una filosofia produttiva autonoma.
Altro conto invece sono le cooperative che riuniscono soci / aziende che si identificano con uno specifico tratto distintivo come può essere l'attiguità territoriale.
Le cooperative non ragionano quasi mai secondo un'ottica industriale ma appunto cooperativo; quindi ad esempio in caso di vigna devastata dalla grandine il contadino riceve comunque un compenso, magari inferiore, anche se non ha apportato l'uva e la perdita economica viene suddivisa tra tutti i soci.
Inoltre spesso molti dei cooperanti della cantina sono famigliari o parenti dei soci e quindi in questo caso l'aiuto è indiretto ma altrettanto importante.
La cooperazione consente inoltre di fare massa critica per un sistema vitivinicolo, come quello nel nostro paese, estremamente frammentato.
Le buone notizie tuttavia spesso finiscono qui, soprattutto per le cooperative di medio-piccole dimensioni.
Molte cooperative dovrebbero aumentare il livello di competenza tecnica e di marketing al loro interno, al fine di capire meglio l'evoluzione del mercato e adattare le proprie strategie competitive.
Inoltre, quante ancora si limitano alla semplice vendita di vino in cantina sia esso vino sfuso sia in bottiglia, senza avere sul territorio degli agenti in grado di sviluppare il loro mercato?
A volte manca del tutto una direzione commerciale in grado di organizzare ad esempio il mercato dell'export.
Aumentare il bacino di clientela potenziale con mirate politiche commerciali è una condizione fondamentale di crescita per un settore in contrazione (almeno in Italia) e molto competitivo.
Occorrerebbe poi alzare il livello qualitativo, e questo lo ritengo un punto fondamentale, ad esempio pagando in modo diverso i soci che apportano uve di migliore qualità rispetto agli altri, spingere i soci a puntare più sulla qualità delle uve che sulla resa e ad un ruolo attivo nelle cooperative con conseguente apporto di idee e soluzioni.
Infine diventa fondamentale la dimensione. Da uno studio di Confcooperative appare chiaro che le cooperative di maggiori dimensioni riescono a remunerare meglio i soci, adottare politiche commerciali adeguate (compresa la vendita all'estero), avere un maggior potere contrattuale nei confronti degli intermediari, migliorare il livello di efficienza tramite economie di scale e di completamento della gamma di vini presentati sul mercato.
Sia chiaro, alcune cooperative hanno già intrapreso tutto quanto detto da tempo e i risultati sono tangibili; altre si stanno dirigendo nella giusta direzione, ma per molte altre più conservative i cambiamenti sopra discussi sono un passo fondamentale per la loro sopravvivenza.
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