Chi ha scritto la storia di Bolgheri ?
Se la contendono in pochi eletti e tra questi c'è, senza alcun dubbio, la Tenuta dell'Ornellaia.
Fondata nel 1981 dal marchese Lodovico Antinori, ha avuto una storia anche se recente strana e tormentata.
Risale infatti all'anno 2000 la vendita del 50% a Robert Mondavi, uno dei più grandi produttori americani che, a sua volta, finirà per cedere solo pochi anni dopo, il suo 50% alla Marchesi de' Frescobaldi, che successivamente acquisteranno l'intero controllo della Tenuta.
Negli anni più recenti si può assistere da parte della proprietà ad un ulteriore salto di qualità (finanziario e organizzativo) con la creazione della Tenute di Toscana che ha riunito sotto il suo cappello Tenuta dell'Ornellaia, Masseto, Luce della Vite, Castelgiocondo attraverso una partnership con Michael Mondavi e Spi Group, uno dei più importanti produttori di vodka al mondo.
Nel frattempo all'Ornellaia si sono succeduti vari enologi tra i più quotati come ad esempio il famosissimo e internazionale Michel Rolland, fino ai giorni nostri con il bravo Alex Heinz.
Territorio vocato, partecipazione di gruppi rinomati che da sempre hanno fondato il loro impero nel mondo del vino, ottimi enologi ed agronomi, una struttura di marketing adeguata, sono tutti strumenti indispensabili se si vuole rimanere al top con i migliori vini al mondo.
Ma come sempre non sono sufficienti da soli a decretare il successo di un prodotto a livello mondiale.
La differenza la fa il meticoloso lavoro in vigna e in cantina, la selezione e la qualità della materia prima e prima ancora la precisa definizione di cosa si vuole essere e rappresentare.
Nel caso del Bolgheri rosso superiore Ornellaia che ho avuto modo di assaggiare nel giorno del Santo Natale 2021, non senza una lacrimuccia di sorpresa quando il vino si è palesato sulla tavola a cui ero invitato, di certo non mancano cura, personalità e rappresentanza non solo di un territorio ma di un vero e proprio modo di interpretare il vino.
Il blend merita già una citazione con la presenza di Cabernet Sauvignon, Merlot, Cabernet Franc e Petit Verdot.
Il colore rosso rubino fitto e brillante del bicchiere fa da preludio ad un bouquet entusiasmante e complesso di ribes nero, liquirizia, ciliegia sotto spirito, eucalipto e tamarindo, ma anche leggere note speziate e ancora tè nero, per chiudere su eleganti note di cioccolato e sottobosco.
All'estrema complessità del naso non delude il palato che si presenta subito deciso ma avvolgente grazie a tannini vellutati, una freschezza intatta, una generosità di frutto e un alcol elegante su una persistenza lunga e perfettamente coerente con le note gusto olfattive.
Insomma indubbiamente un vino di prima classe, che nello stesso momento in cui lo degustavo io era alla tavola di petrolieri arabi, ricchi cinesi, oligarchi russi, raffinati giapponesi e facoltosi americani.
Nel mio caso si è trattato di pura fortuna o se preferite .... di un regalo di Babbo Natale per essere stato veramente molto molto buono !!!!
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