La storia di Rainoldi parte negli anni '20, quando Aldo Rainoldi inizia la propria attività di commerciante di vini.
E' una Valtellina povera, contadina e periferica, dove l'agricoltura e la pastorizia occupano ancora quasi totalmente la popolazione.
Negli anni '50 Rainoldi inizia l'attività di acquisto dell'uva e di imbottigliamento del vino e coincide sempre di più con l'ampliamento dei confini commerciali fuori della Lombardia.
A fine anni '90 è la volta di Aldo Rainoldi, che accelera su rispetto dell'ambiente e qualità produttiva, mentre prosegue l'ampliamento dei mercati di vendita in tutti i continenti.
Oggi il nome Rainoldi è strettamente legato allo Sfursat, al pari altri produttori che hanno seguito la linea della ricerca spasmodica della qualità e del rispetto della terra come patrimonio da trasmettere alle generazioni future.
In questo periodo di quarantena assaggiare il loro Sfursat di Valtellina è come una vera boccata di ossigeno per noi Winelover.
I vigneti sono posti tra i 400 e 600 metri, con una resa di 75 q/ha.
L'uva dopo la vendemmia fa un appassimento di due mesi prima di affinare in botti di rovere da 25 e 56 hl per 20 mesi.
Poche bottiglie prodotte (meno di 10 mila), alcol imponente ma estremamente elegante (15,5%), Nebbiolo 100%.
Nel bicchiere è rosso granato, mentre al naso emergono bellissimi aromi di frutti rossi maturi, ciliegia sotto spirito, rododendro, con il sottofondo di una leggera speziatura.
Al sorso è piacevolmente morbido, con tannini vellutati, buona spalla acida, sorso polposo e finale lungo.
La personalità e la piacevolezza di questo Sfursat mi ha sinceramente impressionato.
Purtroppo non avevo un piatto all'altezza del vino, visto che l'ho abbinato con una salsiccia accompagnata da erbette di montagna, mentre avrebbe ben accompagnato un filetto di manzo o un carrè di maiale affumicato o almeno uno spezzatino di scottona.
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