Livio Felluga se né andato alla fine dell’anno scorso ma
rimangono i suoi vini prodotti con una filosofia che ha saputo impostare subito
dopo la seconda guerra mondiale.
Un processo lungo e difficile e in netto contrasto con l’abbandono
della collina a cui in quei tempi si stava assistendo, in favore della città e
del capitale investito nell’industria.
Lui invece ha creduto nella terra, in quell’estremo lembo d’Italia
chiamato Collio e più precisamente a Cormons.
Uomo di tradizioni, ha saputo anche guardare lontano
affiancando ai ritmi lenti della terra e appunto delle tradizioni contadine,
tecniche moderne in grado di indirizzare i suoi vini verso i nuovi gusti dei
consumatori. Il tutto condito da una passione e un rispetto infiniti per il
Collio e per il suo lavoro di vignaiolo.
Tra le novità che ha voluto introdurre appena insediatosi
con la sua azienda nel lontano 1956, fu l’introduzione di Pinot noir e Merlot
su colline che fino a quel momento avevano conosciuto solo Tocai, Refosco e
Malvasia.
Con il tipico genio di chi ha idee che sono in grado di
superare tempi e mode, recupera una antica cantina geografica raffigurante le
sue colline e decide di usarla come etichetta dei suoi vini, come a indicarne
qualcosa di eterno: la terra.
Ancora oggi molti suoi vini, tra cui il Merlot, riportano
questa cartina geografica sull’etichetta a testimonianza della bontà della sua
intuizione, come il Vertigo annata 2015, che ho di recente assaggiato.
E se il Terre Alte è sicuramente la bottiglia più
rappresentativa dell’azienda, non sfigura nell’altissimo livello qualitativo
della produzione di Felluga questo mix di Cabernet Sauvignon e Merlot, prodotto
su un terreno marnoso chiamato Flysch.
Felluga non è certificato biologico ma la conduzione dei
vigneti segue la pratica della lotta integrata con impatto ambientale
controllato, così come in cantina è evidente la spinta a utilizzare il legno solo
quando necessario e senza mai snaturare il vitigno e la sua espressione
naturale nel terroir in cui è coltivato da decenni.
Nello specifico Vertigo fa un affinamento di 12 mesi in
acciaio e in botti di rovere francese che permettono un ulteriore aggiustamento
ai tannini e che danno al vino quella prontezza alla beva che si può intuire
già dal suo colore violaceo.
Al naso si dipana tra fragranze di mirtilli, more e humus,
con una leggera speziatura in grado di garantire una sorprendente variazione
bicchiere dopo bicchiere.
Raffinato e quasi materico al palato, ha un approccio
graduale e seducente pur nel rispetto delle note fresche e semplici del naso.
Si gioca la partita su un ottimo equilibrio e su un finale
pieno e succoso.
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