La prima volta sapeva di tappo e il gruppo dei soliti astemi ci è rimasto maledettamente male.
Avevamo tutti una gran voglia di assaggiare questo Ansonica portato da Andrea, a sua volta consigliato da un amico ristoratore che l'aveva scoperto chissà come.
La seconda volta abbiamo aperto il tappo con una certa attesa e questa volta era tutto a posto.
Che questo vino sia particolare lo si capisce subito dal bicchiere, proprio come la storia del suo poliedrico produttore.
Francesco Carfagna è un professore di matematica, che dopo aver insegnato per un certo periodo nei licei, decide di seguire la sua vera passione e diventare 'capomastro rurale'.
Per lavoro arriva sull'isola del Giglio e qui si innamora del posto, tanto che decide l'apertura di un ristorante.
E' in questi anni che inizia il sogno di recuperare i vecchi vitigni abbandonati e abbarbicati sui pendii rocciosi davanti al mare.
Comincia così un'altra avventura, probabilmente ancora più difficile di quelle già vissute fino ad allora, che lo porta a ricostruire metro dopo metro i terrazzamenti su quattro ettari di terreno, recuperando le antiche viti ormai ricoperte di macchia mediterranea.
Dopo di lui, come sempre capita agli apri pista, ai sognatori testardi e illuminati, alcuni altri produttori seguono la sua strada e dopo qualche anno si può tornare a parlare concretamente di viticoltura sull'isola del Giglio.
L'Ansonica di Carfagna è un vino antico e insieme moderno, niente a che fare con i vini sbilanciati e rustici che producevano i contadini dell'isola nel passato.
La filosofia invece è quella che si ispira al biologico. Nessun tipo di trattamento, concime con letame di vacca, inerbimento delle vigne con trifoglio, fiori ed erbe selvatiche, con l'utilizzo dello zolfo come unico deterrente contro le malattie della vite.
Le rese sono bassissime e si aggirano intorno ai 40 q./ha, mentre le viti affondano le radici su un terreno acido, sabbioso e roccioso a ridosso del mare.
L'Ansonaco Carfagna non fa macerazione anche se dal vino che si vede dal bicchiere proprio non lo diresti.
Occhio alla temperatura di servizio, che deve avvicinarsi di più ai rossi che ai bianchi, altrimenti si rischia di perderne l'identità e di declassarlo a vino comune.
Ha una tipicità particolarmente spiccata, un profumo caldo e terroso che ricorda il sole, la pietra e il frutto maturo, con importanti sbuffi salmastri che ricordano il mare.
In bocca ha una personalità spiccata grazie ad un frutto ricco e denso, una struttura piena e un alcol non certo timido, mentre il tutto riesce miracolosamente a rivestirsi e a ottenere un equilibrio e una bevibilità invidiabili, tipico dei grandi vini.
Tutti in pieno e applausi convinti.
Più facile da bere che da abbinare, si può azzardare con un piatto di riso con gamberi rossi e tartufo.
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