La storia di Ciacci Piccolomini attraversa un paio di secoli di storia italiana.
Le sue nobili origini si perdono nel XVII secolo, quando i terreni e un importante palazzo erano di proprietà del vescovo De Vecchis.
Si susseguono poi alla guida dei terreni e dei beni immobiliari alcune famiglie nobili del luogo (siamo a Montalcino), tra cui i Ciacci Piccolomini imparentati con conti e Papi di tempi che furono.
Nel 1985 si estingue il prestigioso casato e la proprietà viene lasciata in eredità a Giuseppe Bianchini, fattore della tenuta da molti anni che ammoderna metodi di produzione e filosofia aziendale, proseguiti poi dalla generazione dei figli e dei nipoti.
La tenuta è molto vasta visto che si tratta di circa 220 ettari di terreno, di cui 55 dei quali dedicati a vigneti e 40 a oliveti, in un vero e proprio paradiso della biodiversità e della sostenibilità ambientale.
Il resto lo fanno quel particolare microclima di terroir adatto alla produzione di grandi vini rossi da invecchiamento, influsso del mare Tirreno con le sue benefiche brezze estive e il Monte Amiata.
In questo paesaggio da sogno il Sangiovese è da sempre il padrone assoluto della vigna, con il suo grappolo ampio e spargolo, con acini dalla buccia spessa e pruinosa.
In questo contesto già di per se suggestivo e privilegiato, crescono su 11 ettari di vigna nella frazione Pianrosso dei filari selezionati di uve Sangiovese con i quali Ciacci Piccolomini produce una riserva spettacolare.
La vinificazione in acciaio e vasche di cemento, l'affinamento in botti di rovere di Slavonia per almeno 12 mesi non fanno che assecondare la qualità già ottima della materia prima che arriva in cantina.
L'annata 1995 è ancora perfettamente in forma e questo la dice lunga sulla possibilità di invecchiamento di questo strepitoso Brunello.
Una qualità assoluta che al naso si dipana in una entusiasmante bouquet di profumi che vanno dalla frutta sotto spirito, alle prugne cotte, accompagnate da importanti passaggi speziati su un fondo di macchia mediterranea, humus e liquirizia.
Ogni sorso ha una intensità da peso massimo sul ring con l'agilità di un peso piuma, una eleganza che trasmigra dai normali canoni vitivinicoli per avvicinarsi alla perfezione stilistica pur in presenza di importanti rimandi al terroir di Montalcino.
Un sorso polposo, pieno, invitante, quasi etereo, con rimandi medicinali per retro olfazione.
Un vino dalla lunghezza quasi imbarazzante che è difficile abbinare se non con formaggi molto stagionati o piatti importanti come il cervo in salmì e la selvaggina da pelo con polenta di storo.
Chapeaux
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