Arrivo buon ultimo e lo so .... dopo
fiumi di parole e innumerevoli articoli di rinomate penne italiane .... ma come fai
a non scrivere due righe quando bevi un vero mito dell’enologia italiana.
Sto parlando del Barolo di Bartolo
Mascarello, un po’ mito un po’ realtà, comunque la si veda una icona classica
dell’enologia italiana.
Una strana figura di intellettuale
campagnolo, che ha trainato con le sue idee solo in apparenza austere un intero
esercito di piccoli e medi produttori di Langa, che inevitabilmente sono andati
in collisione negli anni ’90 con la visione ‘modernista’ introdotta da giovani
emergenti e outsider.
Sta di fatto che quando l’amico
Camillo ha postato la foto dei vini che si sarebbero degustati alla cena del
‘gruppo dei soliti astemi’, e tra le altre bocce ho intravisto il Barolo di
Mascarello, mi si è annebbiata la vista e facevo quasi fatica a crederci.
Le sue bottiglie sono infatti
indubbiamente rare, con una produzione che si attesta sulle 15-20 mila
bottiglie l’anno, richiestissime dal mercato siano essi ristoranti, enoteche,
grossisti o privati.
Ora l’azienda è diretta dalla figlia
Maria Teresa che ha saputo continuare nel solco tracciato dal padre Bartolo.
Un solco che parla ufficialmente di
non utilizzo del legno piccolo ma solo di ….. grandi attese. Per il resto
l’unica cosa che parla è la vigna e il terroir, unico nel suo genere ma
comunque comune ad altri produttori presenti sul territorio di La Morra e
Barolo, ovvero i due comuni dove Bartolo possiede i suoi 4 ettari di Nebbiolo.
Che cosa differenzia quindi
veramente il Barolo di Bartolo Mascarello da altri eccellenti, ma non così
inarrivabili in termini di fama, Barolo di Langa?
A questa domanda ho cercato di dare
una risposta nell'unico modo che conosco: degustando con doviziosa sacralità il suo vino.
Nel bicchiere l'annata 2004 veste di un colore
granato luminoso.
Il naso è illuminante per tipicità, eleganza e classe. Si parte dalle nuance di viola appassita e ciliegia, alle
più ricercate trame fumè e di spezie, che si intrecciano con eleganti sentori
eterei e di cuoio.
Il sorso è sapido e teso, di una
eleganza quasi austera ma benevola, che non concede nulla di opulento sul
palato ma che riesce comunque a soddisfare senza strafare, sostenuto da una
perfetta integrazione dei tannini nel succo e nel corpo del vino.
Il finale è inevitabilmente lungo e
piacevolmente aristocratico.
Nel complesso il Barolo di Bartolo
Mascarello, anche volendolo analizzare senza tutto quanto ci gira intorno e che
è stato detto o scritto da amici ed estimatori più delle sue idee
politico-filosofiche che di altro, è un vino che non delude le aspettative e
che ha la sua forza nella giusta attesa del 'tannino perfetto'
Il resto sono solo parole.
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