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Modernisti e Tradizionalisti: il Nebbiolo di Brezza e Claudio Alario


Seconda puntata del confronto di 'stile' tra due produttori piuttosto conosciuti e apprezzati in Piemonte.
Come già accennato in un precedente articolo Brezza è un produttore tradizionalista, con i suoi lunghi tempi di attesa e un utilizzo centellinato della botte che consentono al vino di esprimersi al massimo seguendo le caratteristiche del terroir.
Tra i numerosi vitigni autoctoni del Piemonte il Nebbiolo rappresenta pienamente lo spirito e l'essenza del tipico contadino-imprenditore piemontese che guarda più alla sostanza che alla forma, un po' testardo e un po' matto, di sicuro innamorato perso della sua vigna e della sua vita legata alla terra e a queste colline basse, ondulate e irregolari.
Come per tutti gli altri vini di Brezza, l'eleganza, la naturale rusticità e l'innato equilibrio gusto-olfattivo sono un marchio di fabbrica a cui ci si abitua facilmente.
Ha un naso di viola appassita, confettura di prugna per poi allargarsi ad una delicata speziatura.
In bocca il sorso è fine, equilibrato, pulito, ben centrato sul palato, contornata da una buona freschezza e tannini mai invadenti.
Semplice e complesso al contempo lascia la bocca soddisfatta e piena di sfumature non comuni.
Da qualunque punto la si voglia prendere è indubbiamente un campione di rapporto qualità-prezzo.


Il modernista Claudio Alario invece non può esimersi dall'utilizzo della barrique anche per un prodotto semplice come il Nebbiolo.
Questa scelta, apparentemente controcorrente e decisamente poco comune, ci concede un Nebbiolo Cascinotto dalle note olfattive dolci, morbide, invitanti, con una intrusione del pepe nero e un fondo di vaniglia per me sempre un po' troppo evidente.
Al palato i tannini sono vellutati e rispetto al Nebbiolo di Brezza il sorso è più pieno, ricco, muscolare.
La barrique per 18 mesi si percepisce anche in bocca con in evidenza delle leggere note burrose.

Ancora una volta due stili molto diversi, per cui non è semplicemente possibile dire qual'è il migliore, perché si ricadrebbe nel rischio di premiare più il gusto personale che il valore reale del vino, da cui invece traspare in maniera evidente, da parte di entrambi i produttori, la cura e l'attenzione per il prodotto finale, senza lasciare mai niente al caso.


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