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I bianchi macerati parte I: la Ribolla Gialla di Damijan Podsevic



Un po’ filosofo, un po’ vignaiolo, di sicuro è un libero pensatore.
Sto parlando della filosofia produttiva di Damijan Podversic, produttore friuliano del Collio,  
che seguendo le orme e l’influenza di un altro grande della viticoltura friulana, Josko Gravner, produce vini di una personalità unica, della serie o li adori non puoi berli (perché non li capisci).
Per lui i concetti di riappropriazione dei tempi della natura, le fasi lunari, il falcio dell’erba tra i filari nei tempi giusti e tanto tanto altro.
Concetti e pensieri prima di tutto, poi seme, acino e terra ….. e poco altro, tanto che in cantina si può solo cercare di sbagliare il meno possibile.
Inutile dire che non ama i tecnici, i concetti precostituiti e le forzature sui vini e sulla natura, ed è inutile anche affermare che ama il vino di un amore profondamente viscerale da un’età alla quale oggi si pensa al massimo allo smartphone di ultima generazione.
Un percorso che per Damaijan è costellato di errori e correzioni, necessarie per arrivare a capire che, nonostante tutta l’esperienza acquisita in decenni di vendemmie, si può ancora sbagliare e correggere, ascoltare la natura e correggere in un processo che sembra infinito.
I suoi vini sono completi, irrazionali, sensibili, a volte rudi e dalla personalità esuberante, ma non ti lasceranno mai insensibile di fronte al bicchiere.
10 ettari nei dintorni del Monte Calvario, poco lontano da Gorizia, su cui crescono vitigni di Chardonnay, Friulano, Malvasia, Merlot, Cabernet sauvignon e, buon’ultima, la rinata Ribolla Gialla, un vitigno su cui da queste parti si sta rincominciando a scommettere.
I risultati, perlomeno per il Ribolla gialla annata 2013, sono sotto il mio naso e sulle mie papille gustative che godono impazzite di piacere.
L’uva viene raccolta ben matura ed è frutto di rese bassissime in vigna (40 l/ha) e ... delle immancabili fasi lunari.
Il mosto rimane sulle bucce per un tempo variabile tra i 60 e i 90 giorni, con l’esclusivo utilizzo dei lieviti indigeni, ed è soggetto a frequenti follature per impedire il formarsi di fermentazioni batteriche.
Terminata la fermentazione viene riposto in botti di rovere per 23 mesi, poi il vino non filtrato viene riposto in bottiglia per altri sei mesi.
Ne risulta nel bicchiere un giallo dorato di straordinaria e quasi ipnotica eleganza, mentre nel bicchiere si esaltano le note di agrumi, di frutta secca, di buccia di arancia, note affumicate e spezie dolci.
In bocca si apre su una volitiva sapidità, a cui fa seguito una sensazione leggermente tannica, un corpo strutturato ma al contempo scattante, chiaramente poco bilanciato (ma in questo caso non è un difetto semmai un pregio) e di una lunghezza impressionante.

Buon ultimo un delicato tratto minerale, mentre in assaggi successivi e a diverse temperature il vino cambia e si trasforma alle volte guadagnando alle volte perdendo in struttura, aromaticità, intensità, come se fosse alla continua ricerca di un equilibrio che non arriva mai … per fortuna !!!


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