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Sua maestà il Tignanello.

Tignanello di Antinori

Ebbene è arrivato anche il momento di sua maestà il Tignanello (magnum).
Evidentemente è il mio anno fortunato e se devo dirla tutta, non facendo il sommelier di professione non so certo quando mi capiterà ancora di assaggiare, anzi bere senza ritegno insieme ai soliti quattro amici spugne, un altro Tignanello.
Il tutto capita in una sera imperdibile di mezza primavera che sembra novembre tanto piove.
Di certo il tempo non mi scoraggia a uscire di casa visto che la bottiglia attende aperta a casa di un amico già da un paio d'ore.

Il Tignanello è un vino che in pochi anni dalla sua prima annata nel 1971, è diventato un punto di riferimento assoluto per qualsiasi appassionato di vino.
Se vogliamo è stata una pura anomalia enologica visto che pur nascendo nel cuore del Chianti, ha saputo per primo intelligentemente bilanciare la rusticità territoriale del Sangiovese con la raffinatezza e l'eleganza dei vitigni internazionali.
Come tutti i numeri uno ha trascinato nello slancio una serie di imitatori che hanno creato un circolo virtuoso nella viticoltura italiana e uno degli artefici di questo successo, oltre ovviamente ad Antinori che lo ha prodotto, è stato Giacomo Tachis, un genio indiscusso della viticoltura italiana che ha lavorato per oltre trent'anni con lo stesso Antinori.
Da ormai molti anni la Antinori è diventata una realtà con milioni di bottiglie prodotte e tenute sparse in giro per il mondo, tra cui in Italia spiccano Prunotto e Tormaresca.
Ma nonostante i grandi numeri produttivi l'azienda ha sempre inventato qualche prodotto di grandissima qualità e dopo il Tignanello (1971) è stata la volta del Solaia (1978) e di Guado al Tasso (1990), vini che ancora oggi fanno molto discutere, soprattutto il pubblico sempre più acculturato del mondo del vino, ma spesso anche sempre meno obiettivo.....
Il vigneto si trova su un terreno di 57 ettari, ben esposto al sole, di origine calcarea con elementi tufacei, ad una altezza di circa 350 mslm ed è prodotto con Sangiovese, a cui viene aggiunto un saldo variabile secondo le annate di Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon.
La fermentazione e la macerazione sulle bucce avviene in serbatoi troncoconici, poi dopo la svinatura il vino viene deposto in barrique di rovere francese e ungherese dove svolge la malolattica e affina per 16-18 mesi.

Annata 2000, nel bicchiere risplende di un rubino molto classico.
Il bouquet risulta subito di grande spessore, dove si possono riscontrare la liquirizia, la ciliegia matura, una traccia di peperone verde oltre a nuance mentolate.
In bocca si riscontra fine nella proposizione del legno ben bilanciato e integrato con il frutto, con una sapidità evidente, volume e pienezza complessive, lunghissima persistenza e buona morbidezza data dalla componente glicerica.
Vino che sia all'olfatto che al palato mostra una grande armonia ed equilibrio complessivi.
Indubbiamente un vino da prima classe, tutto sommato ad un prezzo ancora accessibile.





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