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Viaggio tra i vitigni autoctoni rari: il Casetta


La lunghissima Val d’Adige diventa nelle sue propaggini meridionali la Vallagarina. E’ una valle dalle pendenze degradanti tra Ala e Avio, ricoperta di vigneti che si adagiano ai piedi del Monte Baldo e della Lessinia.
E’ una terra fertile, che conosce l’influenza delle montagna che degrada verso la pianura, del corso imponente dell’Adige e del non lontano Lago di Garda.
Anche se non paragonabili alle valli dell’Alto Adige, le escursioni termiche sono comunque ben presenti, mentre i terreni variano di molto la loro natura passando dalla trama morenica a quella alluvionale.
In questo territorio di mezzo, viene coltivato il vitigno autoctono Casetta, praticamente sconosciuto ai non addetti ai lavori o agli abitanti del territorio in cui è coltivato.
Un vitigno dal potenziale a mio avviso esplosivo, ancora coltivato fino agli anni ’70, mentre negli anni successivi è stato praticamente abbandonato a favore di varietà più richieste e più produttive.
Molte delle viti di Casetta sono vecchie, con una età media di 40-70 anni e ancora a piede franco.
Questo vitigno è anche poco sensibile alla peronospora e allo oidio e ciò consente la limitazione naturale dei trattamenti in vigna.  
Dal 2007 per i pochi produttori della zona, è possibile produrlo con la D.O.C. Terra dei Forti.
Questo vitigno, che possiamo annoverare tra i vitigni autoctoni rari, l’ho scoperto tramite il classico passa parola tra amici di amici, che mi consigliavano anche un produttore conosciuto in zona.
Si tratta di Albino Armani, produttore presente sul territorio dal lontano 1607.
Il suo Casetta, annata 2012, è un vino dalla spiccata personalità, riconoscibile per i sentori di prugna secca, tabacco, spezie, una specie di taglio bordolese un po’ più aggressivo.
In bocca ha buona tenuta acida, una ricca dotazione di materiale colorante, un alcol esuberante, corpo e struttura da vendere, e buon equilibrio tra tannini domani a fatica dal legno e presenza glicerica.
Nel complesso non si può definire né equilibratissimo e nemmeno particolarmente elegante e sembra assurdo ma proprio in questo si fonda la sua particolarità, oltre una certa rusticità che ne fanno un vino pienamente territoriale, un po’ come il suo consimile Enantio.
Possiede aromi speziati e complessi e una persistenza sorprendente che lo rendono ideale in accompagnamento con brasati, primi piatti con sughi di cacciagione, arrosti e formaggi di media stagionatura.

Nel complesso è un vino che sa distinguersi, come dovrebbe giustamente fare ogni buon autoctono che si rispetti.

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