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Il Tignanello (tra gli altri) e il gruppo dei soliti astemi insolitamente al completo


Rientro al completo e alla grande per il gruppo dei soliti astemi.

Il 'parterre de roi' dei vini della serata annovera Tignanello, Brunello da Vinci, Ben Ryè e altri vini meno famosi ma che per varietà e qualità hanno reso la serata superlativa.


Si parte con un prosecco di cui non è rimasta traccia ma che si è immolato alla causa del brindisi inaugurale della serata.



In abbinamento ad uno squisito rotolo di frittata di zucchine, formaggio e speck è stato proposto il Vermentino Belguardo di Mazzei, con i tipici rimandi fruttati, un delicato bouquet di muschio e erba tagliata, mentre al palato si è adagiato su una piacevole nota amarognola.

In generale un vino semplice e beverino adatto come starter su piatti freddi e non troppo strutturati.


Con la gallina veneta e il suo ripieno di carne abbiamo proposto un Gamay dei Colli del Trasimeno di Duca della Corgna.

Il Gamay è il vino del Beaujolais, e questo sicuramente non gli ha giovato nel momento in cui la stella del vino novello un po' in tutto il mondo ha iniziato a tramontare.

E' tuttavia un vino giovane, fruttato, fresco e dai tannini morbidi, dal tipico sentore vinoso che ben si è adattato alla carne tenera ma saporita della gallina veneta.


Con il ripieno invece ha trovato un matrimonio perfetto il Rossese di Dolceaqua di Robotti Eleonora.

Più strutturato del precedente, viene prodotto sulle montagne dietro a Imperia, vicino al confine francese e non lontano dal mare, di cui subisce l'influenza del vento salmastro.

Anche qui profumi eleganti di frutta rossa matura, bastoncino di liquirizia, grande freschezza e un accenno di pietra bagnata. In bocca i tannini sono ben presenti ma non irruenti, e la sapidità e freschezza garantiscono una pulizia di palato che ha incontrato il gusto pieno e robusto del macinato di carne del ripieno.

E' stata poi la volta di due pesi massimi bevuti da soli.


Il primo è stato il Brunello di Montalcino di Da Vinci, con le sue note di sottobosco, frutta nera matura, leggermente polveroso in bocca e tannini robusti. Un Brunello rustico da territorio, che rimanda al terreno, al sole e alla terra, alle colline e alla fatica dei viticoltori.

Il secondo vino da meditazione è stato il Tignanello, vino che non ha bisogno di presentazioni se non giusto un accenno ai vitigni utilizzati, Sangiovese e Cabernet e annata 2016, di sicuro recente ma già pronto.

Quello che colpisce del Tignanello è l'incredibile complessità olfattiva, unita ad un equilibrio al palato che raramente si riesce a ritrovare in altri vini. Freschezza, tannini, glicerina, sapidità, struttura, spalla acida, tutto concorre al raggiungimento dell'eccellenza ma nessuna di queste componenti prevale sull'altra. Proprio come nelle grandi squadre, non vince il solista ma il complessivo.

Una grande orchestra che ormai da anni non sbaglia una suonata.

Si è poi terminato con il nostro Benny, il Ben Ryè di Donnafugata, eccezionale su una crostata di fichi preparata da chef Fabrice.

Meglio di così non si poteva fare per una ripartenza al completo. 



 



   



 

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