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Verticale di Barbaresco Pajorè di Rizzi


Tra le tante belle serate trascorse con il 'gruppo dei soliti astemi', ce ne sono alcune che superano di gran lunga la fantasia per arrivare a sfiorare il mito.

Nell'ultimo giorno che precedeva il lungo ponte pasquale, mentre migliaia di milanesi avevano solo in mente di scappare più velocemente possibile dalla amatissima Milano per raggiungere i luoghi di villeggiatura della riviera, qualche meta esotica o alcune capitali europee, Baccanera si preparava ad una verticale di 11 annate di Barbaresco Pajorè di Rizzi, come dire il meglio del Barbaresco tradizionalista.

Con questo pensiero mi avviavo, come sempre in ritardo, alla cena dall'amico Camillo e dal fratello Alessandro, mecenate e organizzatore della splendida serata.
Alla cena ha partecipato anche il produttore, nella persona della gentilissima Jole, che a casa Rizzi si occupa degli aspetti commerciali e gestionali, mentre il fratello Enrico è l'enologo di Rizzi e il padre Ernesto si occupa dei vigneti.

La storia di Rizzi inizia nel 1974, quando Ernesto Dellapiana con la moglie Lia, ritornano a Treiso lasciando una florida azienda cartotecnica a Torino, assecondando il richiamo della terra.
Partendo da una cascina di proprietà di famiglia e dai terreni distribuiti intorno a essa, Rizzi pian piano si espande, comprando terreni attigui e in alcuni casi investendo anche in filari nelle sottozone di Nervo e Pajorè.
La filosofia aziendale è quella della massima attenzione alla conservazione del terroir, quindi in vigna vengono utilizzati compost e sovescio per le concimazioni, rame e zolfo per le malattie e poco altro.
Del resto dal 2015 Rizzi è passato alla coltivazione biologica integrale.

Anche in cantina l'impronta è quella tradizionalista, che richiede l'attesa di un vino senza la fretta di metterlo sul mercato anzitempo.
Quindi uso del cemento e della botte grande, massima estrazione nei vini, buona concentrazione del frutto, ricerca di equilibrio, eleganza ed esaltazione della territorialità, senza correre dietro alle mode.

La serata inizia con il più recente dei vini, appena imbottigliato e ancora non in commercio.

Annata 2016
Giovane ed esuberante come giustamente dovrebbe esserlo, la verità è che andrebbe assaggiato in prospettiva, ma il sottoscritto non è abbastanza competente per giudicare la bontà di un vino così giovane tra 5-10 o 15 anni.
Rimangono comunque delle sensazioni molto positive che penso troveranno maggiore conferma già tra un paio d'anni (se si vuole comunque ucciderlo in culla).

Annata 2015
Sempre giovane ma si inizia a intuire una maturazione lenta ma in buona evoluzione. L'annata calda non ha favorito del tutto il risultato finale, ma consente di ottenere un prodotto finito più pronto di quello che ci si possa aspettare dall'annata ancora recente.
Grande frutta polposa, con intense nuance di amarena e frutta nera cotta.
In bocca prevale ancora un tannino giustamente esuberante, accostato ad una buona mineralità e giusta acidità.

Annata 2014
Annata piovosa, si propone al naso con note eteree, una buona dose di spezie, frutta matura e viola appassita.
Si esaltano in particolare le componenti varietali del vitigno come la fragolina di bosco.
In bocca progredisce bene e da l'idea di uscire alla grande sulla distanza.
Anche a detta di Jole, è un vino che darà molte soddisfazioni.

Annata 2013
Il più classico dei Barbaresco, con intense note di eucalipto a fare da cornice a sentori delicati ma ben definiti di spezie, amarena, viola e molto altro, con continui rimandi al sottofondo fruttato.
In bocca si potrebbe definire classicheggiante, da libro di Sommelier Ais.
Tipico, superbo e dalla lunga persistenza.

Annata 2011
Chiuso al naso, aveva purtroppo un problema dovuto all'utilizzo di un particolare tappo che non lasciava respirare il vino.
Peccato perchè il vino lasciava comunque intuire complessità interessanti, alcune sfaccettature dei migliori Barbaresco che purtroppo non hanno potuto evolvere adeguatamente.

Annata 2010

La prima delle tre migliori annate della serata.
Minerale, giustamente tannico, elegante, etereo, con eleganti note di cuoio. Al naso si esprime su note di liquirizia dolce, eucalipto, prugna sotto spirito.
Un peso massimo che si aggira sul ring con la grazia di un peso piuma.
Strepitoso

Annata 2009
Annata molto calda che ha sviluppato nel vino un alcol un po' esuberate e quasi piccante al palato.
Chiaramente pronto è un vino appagante, dal sorso polposo e pieno.

Annata 2008

Altra annata strepitosa.
Al naso si dipana in eleganti note mentolate e speziate, nuance di frutta dolce e amarena sotto spirito, per terminare con sentori di pietra bagnata.
Bello sapido e minerale, ha corpo e struttura da vendere, mentre i tannini eleganti e vellutati fanno da sfondo ad un palato pieno, che lascia una grande pulizia di bocca e dalla persistenza lunga come un maratoneta keniota alle olimpiadi di Seul.
Chapeaux

Annata 2007
Prima impressione di quasi timidezza, poi va in progressione e si apre meravigliosamente trovando un suo equilibrio quasi perfetto, con una freschezza ancora molto presente che ne fanno presagire una lunga vita in bottiglia.
Tannino intrigante ma mitigato dall'uso sapiente e mai intrusivo del legno, ottimo equilibrio e buona struttura.
Persistenza praticamente infinita.

Annata 2006
Rispetto agli altri Barbaresco è risultato piuttosto scuro e austero, un po' chiuso e scontroso ma comunque tipico nelle sue note mentolate e di sottobosco, di ciliegia matura che sconfina nell'amarena sotto spirito.

Annata 2005

Altra annata piuttosto piovosa e altra annata strepitosa.
Qui c'è tutto quello che si ci si aspetta da un Barbaresco di classe, partendo da un sottofondo di ginepro e prolungate scie balsamiche, per continuare su ampie nuance di sottobosco, humus e spezie scure.
In bocca esordisce con note ferrigne e minerali, per continuare in una impressionante progressione tannica, con grande coerenza con il naso e ottimo equilibrio tra le componenti dure e quelle morbide derivanti dall'alcol mai invadente e dalla glicerina.

Le annate più giovani sono state degustate con antipasti di salumi, quelle intermedie con uno splendido risotto integrale ai fegatini di Chef Fabrice, mentre le annate più vecchie sono state abbinate ad un gulash di cervo e polenta di storo oltre ad giro di formaggi di diversa stagionatura.



Infine per non farci mancare proprio nulla abbiamo aperto una bottiglia di Frimaio, il passito di casa Rizzi, che avevo già avuto il piacere di degustare in almeno un'altra occasione.

Vino dalle intense note di miele di castagno, camomilla, agrumi, tè alla pesca, sensazioni che si incontrano in un ideale abbraccio con la tipica aromaticità e dolcezza del Moscato sostenute da una adeguata spalla acida, che portano sorso dopo sorso ad apprezzare questo passito come se non di più di alcuni grandi e blasonati passiti del sud.

Serata strepitosa, bella compagnia, ottimo vino, produttore gentile e disponibile .... di più non si poteva chiedere.


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