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La raffinata eleganza del Barolo Monvigliero Riserva (2015) di Castello di Verduno



Partiamo dicendo che il Barolo Monvigliero Riserva 2005 di Castello di Verduno è una delle mie passioni.
Superato il problema 'disclaimer', possiamo partire per quello che è uno dei viaggi più interessanti delle varie zone, sottozone o cru o comunque le vogliate chiamare.
Verduno è anche la patria del Pelaverga, un vitigno autoctono locale che da vita a vini dotati di profumi speziati e di una bevibilità estremamente interessante e al contempo aristocratica.

Lo cito per far capire che la zona è estremamente interessante anche sui prodotti di base seppur meno conosciuta di altre zone di Langa.
Infatti anche i Barolo di Verduno, così come i Pelaverga, hanno caratteristiche uniche che trascendono dalla materia tannica e dalla muscolosa corposità dei vini di Serralunga d'Alba o di Castiglione Falletto, per dar vita a bottiglie più aristocratiche, eleganti, dal profilo tannico setoso e dal palato raffinato.

Personalmente amo questo tipo di vini o meglio ho imparato ad amarli nel corso delle bevute di anni.
Di Verduno il cru principe è Monvigliero, una collina esposta a mezzogiorno a 320 mslm, di cui il Castello di Verduno era ripartito nel lontano 1969 con una microparticella di 0,3 ettari reimpiantati.
Il terreno è formato da terra bianca, con un alto contenuto calcareo-argilloso, conosciuto con il nome di 'Marne di Sant'Agata e composto da sabbia (30%), argilla (55%) e calcare (15%).

Dopo la vendemmia rigorosamente manuale che pone particolare attenzione alla cernita dei grappoli, l'uva effettua una macerazione lunga di circa 35 giorni in acciaio con periodiche follature.
La maturazione supera i 35 mesi, di cui 2 in vasche di cemento, mentre è di prassi per Castello di Verduno, lasciare affinare per lungo tempo i vini in bottiglia, al fine di metterli in commercio già pronti per il consumo.

Vale infine la pena anche ricordare che l'imbottigliamento avviene senza operazioni di filtrazione e che la vigna è vecchia di 35 anni, che come tutte le vigne vecchie opera già di suo una concentrazione naturale del succo su pochi e preziosi acini.

Detto questo veniamo alle note di degustazione.
Il colore è tipicamente granato.
L'olfatto spazia agevolmente dalle spezie alle erbe aromatiche, per soffermarsi su deliziose tonalità di ciliegia matura, tamarindo e liquirizia, con un vago accenno al cuoio in sottofondo.
La struttura è tipicamente agile, con tannini piacevolmente setosi, trama fitta e la percezione di un sorso succoso e dalla grazia infinita.
Finale decisamente lungo e coerente con il naso.
Complimenti.









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